Non conosco questo prete polacco che viene dal voivodato della Masovia e che, ormai da tempo, presta la sua azione pastorale in diverse parrocchie della Valle. Scelta che deriva, come noto, dalla crisi di vocazioni locali, che attira – ad adiuvandum il Clero locale – preti di diversa provenienza. Spetterà al Vescovo, monsignor Franco Lovignana, chiedere a don Zbigniew Kowalczyk, perché – pare con toni bruschi e dicono spalleggiato da qualche incauto catechista - abbia annunciato ai bimbi di Antey-Saint-André che Babbo Natale non esiste. Su altri aspetti, compresi quelli liturgici e pecuniari, mi pare che le spiegazioni della Diocesi si siano già avute con un comunicato stampa di ieri sera.
Evidentemente il Padre, contestato dai genitori in modo clamoroso, ha preso un abbaglio su Babbo Natale e di questo non si può che dolersene. La sua ignoranza (nel senso di non sapere) lo ha spinto troppo in là, perché sarebbe bastata una piccola ricerca per capire che, scava scava, questa figura di Babbo Natale ha origini cristiane, nella figura di San Nicola. Ed un polacco non può far finta di niente, visto che in Polonia il 6 dicembre si celebra la festa di Mikołajki (San Nicola). Quel San Nicola di Myra, in Italia conosciuto come San Nicola di Bari. In quel giorno i bimbi e non solo ricevono dei piccoli regali portati tradizionalmente dal Santo. Nella festa si sono mischiati eventi storici a credenze religiose e leggende, partendo da quel Nicola, vissuto tra il terzo ed il quarto secolo dopo Cristo ed era vescovo di Myra, città dell'allora Impero Bizantino, nell'attuale Turchia meridionale. Nel complesso fu riconosciuta la sua autorità personale ed ecclesiastica sia dal cristianesimo cattolico romano che da quello ortodosso russo - dove la sua icona spesso è visibile accanto a quelle di Gesù e di Maria. Nella trasposizione moderna, affinata durante i secoli, possiamo dire che il "nostro" San Nicola, come Babbo Natale, non esiste, essendo la sovrapposizione di elementi assai diversi, combinati con apparente semplicità, come può avvenire con i pezzi di un puzzle. Con la stessa logica don Kowalczyc dovrebbe dire che non è mai esistita la Natività, così come la rappresentiamo nel Presepe, "invenzione" di San Francesco come rielaborazioni, anche in questo caso, di diversi elementi pregressi. Così come legittimamente potrebbe denunciare quanto di pagano potrebbe essere ascritto alla simbolistica dell'albero di Natale con le sue decorazioni o il vischio apposto sulla porta di casa con la tradizione di un bacio beneagurale. Anzi, ci si potrebbe spingere ancora più in là e dire - penso che molti fedeli non lo sappiano per nulla - che il 25 dicembre come data è un'invenzione. Cito da CulturaCattolica.it: «Il Redentore è certamente nato in un giorno, di cui non abbiamo certezza. La Chiesa per celebrarne la nascita ha trovato un giorno "simbolico e significativo". Nei primi due secoli, quando ancora la Chiesa non aveva libertà completa di culto e non poteva organizzarsi liberamente, la data non era ancora la stessa per tutti i luoghi: in oriente alcuni celebravano il Natale il 20 maggio, altri il 20 aprile, altri ancora il 17 novembre. In occidente in alcune zone si celebrava il 28 marzo, mentre in altre regioni già si era scelto il giorno del 25 dicembre. Nel quarto secolo in occidente si pervenne ad una concordanza su questa data, fissando in tal modo l'attenzione sulla realtà umana di Cristo: oltre ad essere vero Dio è anche vero uomo, come tutti gli altri, per questo se ne celebra anche il compleanno. Nel 336 è stata scritta la "Depositio Martyrum", un primo tentativo di calendario liturgico, nel quale si dice espressamente che a Roma la festa del Natale veniva celebrata il 25 dicembre. La stessa notizia si riscontra nel Cronografo dell'anno 354 (Chronographus anni CCCLIIII. Ferialæ Ecclesiæ Romanæ) nel quale si legge "VIII Kal. Ian. (Die Octavo ante Kalendas Ianuarias) natus Christusin Betleem Iudeæ", cioè il 25 dicembre. Altra conferma sulla datazione a Roma ci viene data da un discorso di papa Liberio (352-366), tenuto in San Pietro nel 353. Questa data di Roma venne fatta propria anche da altre diocesi, come Milano per opera di Sant'Ambrogio. L'affermazione di questa festa si deve molto all'opera del papa San Leone Magno (440-461). In oriente invece per ricordare la nascita del Redentore prevalse il 6 gennaio, giorno dell'Epifania, nel quale si celebra la manifestazione al mondo, rappresentato dai magi, di Cristo in quanto Dio. La Chiesa d'oriente ha voluto porre l'accento sul fatto che quel bambino è Dio. Questa doppia data si è mantenuta fino ad oggi. L'esigenza di celebrare la festa della nascita del Redentore si è maturata nel tempo, come è avvenuto per altre festività, per rafforzare l'autentica fede nel mistero della incarnazione. Nel quarto e quinto secolo sono sorte le grandi eresie che negavano o la divinità di Cristo o la sua umanità. Ben quattro concili ecumenici sono stati celebrati per difendere e chiarire la vera dottrina sul Verbo: Nicea (325), Costantinopoli I (381), Efeso (431) e Calcedonia (451). Ma perché proprio il 25 dicembre? Per quanto riguarda la scelta di questo giorno, ci sono diverse ipotesi. Le principali sono due. Una prima la fa risalire all'uso di cristianizzare una festa pagana. Infatti in quel giorno, coincidente con il solstizio d'inverno, si celebrava nell'Impero la festa del Sol Invictus, il Sole nascente di nuovo, in onore della divinità Mitra, vincitrice delle tenebre. Per celebrare questa divinità l'imperatore Aureliano nel 274 aveva fatto edificare un grandioso tempio la cui inaugurazione avvenne proprio il 25 dicembre. Si deve notare che i romani, secondo le conoscenze astronomiche del tempo, credevano che il solstizio d'inverno cadesse il 25 dicembre, e non il 21 come oggi si sa in seguito a studi più esatti. La vita allora era regolata sulla luce naturale. Il solstizio d'inverno pone fine al giorno più corto, di minor luce ed indica l'inizio del periodo di maggior luminosità con l'allungarsi delle giornate, e quindi di maggior vitalità e gioiosità. Tutti conoscono la "paganità" di queste feste. La Chiesa piuttosto che anatematizzarle, ha preferito coglierne il significato simbolico e trasferirlo in Cristo». Insomma, buonsenso e cautela (e nessun anatema...) per evitare di fare terra bruciata delle tradizioni altrui e pure proprie, specie - se mi è ancora consentito aggiungere qualcosa a quanto è già chiaro - se si ha che fare con la sensibilità dei bambini, che non va mai ferita.