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14 nov 2015

Occupazione: l'emergenza sempre viva

di Luciano Caveri

Talvolta capita di fare dei paralleli bizzarri: uno fra questi mi salta quest'oggi agli occhi e serve per esaminare quello che continua ad essere, a mio avviso, uno dei problemi più evidenti di questi tempi. Avventuriamoci nel ragionamento. In meteorologia la "temperatura effettiva" è la temperatura reale dell'aria, ovvero quella registrata dal termometro e non subisce modifiche con la variazione del tasso di umidità. C'è poi la "temperatura percepita", che è invece la sensazione di caldo o di freddo avvertita da un soggetto. E' un mix fra la temperatura effettiva e le condizioni ambientali, come l'umidità e il vento. Credo che sia una circostanza che abbiamo vissuto tutti sulla nostra pelle.

Questo vale per i dati fondamentali sul mercato del lavoro, che hanno subito negli ultimi anni in Valle d'Aosta un autentico tonfo rispetto alle ottime performance del passato. Non mi metto a discettare con i numeri e le percentuali: per ora la famosa ripartenza dell'economia non c'e stata e temo che risultino modesti gli esiti del "Jobs Act". Qualcuno ha notato che l'aumento annunciato in Italia, come dato significativo, dei contratti a "tempo indeterminato" non vanno esaltati, perché spesso sono collegati alla maggior facilità nei licenziamenti, prima difficili da ottenere, e dunque ciò rendeva più utile per i datori di lavoro ricorrere a forme di contratto maggiormente flessibili. Oggi il novellato "tempo determinato" non genera più, insomma, quella rete protettiva del passato. Ma alla fine si possono studiare grafici, torte, istogrammi, ma rispetto a questa messe di cifre ci sono esseri umani con volti e storie personali e questo in una piccola comunità come la nostra rende tutto più visibile. Questa è, in sostanza, la disoccupazione (o l'occupazione speculare) percepita e cioè quel vissuto quotidiano che consente di dare ancora più gambe alle analisi dei dati. Questo "percepito" - che ora uso per il lavoro - dovrebbe essere in realtà un radar sempre acceso per il mondo della politica per qualunque argomento. E' essenziale che i politici riescano a mantenere le proprie radici nella società che li esprime, perché esiste il rischio della "turris eburnea" e cioè quel chiudersi in una torre d'avorio, accusa verso chi si apparti in aristocratica solitudine, quasi ignorando i problemi sociali e politici che lo circondano. L'antipolitica rischia di essere alimentata da questa distanza, che non è il comportamento personale, ma la sostanza della conoscenza. Non basta per un politico fare il popolaresco che stringe mani, beve alle sagre, gioca alla morra, stramazza nelle cantine, quel che conta è invece che riesca a trovare soluzione ai problemi e per poterlo fare non deve certo perdere il contatto con il mondo e avere sensori e sensibilità. Ma evitando populismo e "panem et circenses". Così il lavoro, per chiunque abbia capacità di ascolto e assieme di studio, risulta ancora oggi il problema per eccellenza nelle famiglie. La disoccupazione, la sottoccupazione e le altre possibili varianti sono come un'idra a più teste che va sconfitta con l'aumento dell'offerta del lavoro e, nel caso valdostano, con più imprese e più imprenditoria, sapendo che l'impiego pubblico e para-pubblico non saranno più un terreno accogliente per chi cerchi un'occupazione. Questa resta la grande emergenza e per affrontarla ci vuole un'alleanza fra pubblico e privato, fra le parti sociali, nel cuore della società e delle famiglie. Altrimenti l'impoverimento e la sfiducia prenderanno il sopravvento con un effetto ancora più rovinoso dell'attuale situazione sbilenca.