Quando si iniziò a parlare, ormai molti anni fa, della costruzione della nuova ala dell'ospedale di Aosta (che pareva doversi realizzare, dopo di me, in un batter d'occhio, ed invece sono passati otto anni...) acquisii alcune informazioni su che cosa si sarebbe potuto rinvenire di interessante dal punto di vista archeologico. Si sapeva del cimitero ottocentesco, portato fuori dalla mura in epoca napoleonica ed era noto, all'epoca della costruzione della "Piastra" degli ambulatori dell'ospedale, il rinvenimento di alcune tombe romane non a caso - si disse - situate nella via d'uscita di Augusta Prætoria verso l'Alpis Pœnnina, oggi Colle del Gran San Bernardo. Invece, a dimostrazione che nella stratificazione storica non ci butta mai via niente, specie in una zona come Aosta (prima "Cordelia" o chissà che cos'altro nelle epoche avvolte dal mistero) dove il terreno utilizzabile (anche per l'invadenza della Dora Baltea) non era così vasto, quel che si è trovato lascia stupiti. Si parla di un "cromlech" (o forse è meglio per ora attestarsi prudentemente su "cerchio lapideo") di 150 metri di diametro dell'Età del Ferro, usato o per culti o forse per commercio. Toccherà capire se esista qualche elemento di continuità con l'area megalitica di Saint-Martin de Corléans, che non è distantissima.
Ma l'aspetto più inatteso, rispetto alle supposizioni sull'origine celto-ligure della popolazione Salassa, è il rinvenimento di questo guerriero "capo tribù", senza dubbi celtico, in un vasto tumulo funerario che ne sancisce il rango elevato. Morto giovane, vista la bontà della dentatura e molto alto rispetto alla sua epoca, sulla datazione si saprà di più specie grazie ai disegni ritrovati sulla spada. Ho letto con interesse, grazie ad un "tweet" di Marco Onida, quanto scritto sul sito arkeomount.com: "Arriviamo in ritardo di qualche giorno a darvi questa notizia: il quotidiano "La Stampa" nella sua versione on line ha annunciato il ritrovamento ad Aosta di un tumulo contenente i resti umani di un uomo databili a 2.700 anni fa. Seppur già questi dati rendono la notizia interessante, le vere caratteristiche che la rendono unica sono queste: l'uomo in questione - ritenuto di origine celtica - era alto 1,70 metri e la sua sepoltura era colossale, visto che misura 18 metri di diametro! Un tumulo degno di una persona di alto rango che ha fatto capolino mentre avanzavano i lavori allo scavo archeologico nel cantiere del nuovo ospedale di Aosta (piazza Caduti nei lager nazisti). La fonte dice che una buona parte del tumulo è ancora da scoprire, sotto via Jules Guédoz. Tiriamo un po' le somme da questi primi e scarni dati. Giustamente lo si definisce un "gigante": l'altezza è notevole per l'epoca e pare che anche i resti ossei parlino di una persona robusta, sui trent'anni. Era un guerriero probabilmente, visto lo spadone che stava al suo fianco. La stessa spada ci dice che veniva da Nord, prima che arrivassero i celtici Salassi - considerati i primi occupanti della zona - e ci dice anche che era di alto rango, oltre che non era solo. Chiunque gli abbia costruito la gigantesca tomba deve essere rimasto molto tempo in loco per concludere un lavoro tanto preciso e laborioso, tanto da farci pensare ad una presenza stanziale da parte di un gruppo affiatato e omogeneo. Le lastre di pietra del tumulo funebre misurano tre metri per due e fanno a gara con i tumuli megalitici della Costa Brava spagnola (vedi il nostro sopralluogo in Costa Brava del 2013). Alcuni archeologi ipotizzano di attribuire il tumulo valdostano alla cultura di Halstatt e non al periodo celtico che segue (cultura di La Tene). Ricordiamo che Halstatt è il nome attribuito a quella cultura preistorica che dà praticamente inizio alla prima Età del Ferro in Europa Centrale e che prende il nome dall'omonima località austriaca, a ridosso delle Alpi, vicino Salisburgo. Una comunità ricca grazie allo sfruttamento delle vicine miniere di sale, che si allargò a buona parte dell'arco alpino, soprattutto in Francia orientale, Svizzera, Germania meridionale, Boemia, Austria e Carnia. La cultura di Halstatt era caratterizzata proprio da tombe a tumulo e la si può inserire nella scala temporale tra il VII e il VI secolo a.C. Ma, per l'appunto, l'articolo segnala come lo strato di terra che sta sopra il ritrovamento di Aosta è di quasi tre metri e pare poter risalire al 2300 a.C…esattamente il periodo megalitico europeo come quello spagnolo". Trovo queste storie appassionanti di un reticolo europeo che lascia sorpresi e ci deve far riflettere sul respiro continentale anche delle civiltà più antiche e vi faccio proseguire la lettura: "Certo l'arco temporale che stiamo ipotizzando è molto ampio e se i resti del guerriero saranno confermati al VII a.C. (il sovrintendente ai Beni culturali Roberto Domaine annuncia che vi saranno presti analisi sul Dna dei resti ossei) avremo comunque una bella sorpresa: potremo infatti considerare che i mercanti guerrieri artigiani di Halstatt sono arrivati fino all'arco occidentale delle Alpi! I tumuli di questa civiltà sono in linea sia con le caratteristiche, sia con le dimensioni del tumulo di Aosta. Diciotto metri di diametro sono una misura considerevole anche se uno dei più grandi tumuli del periodo di Halstatt si trova presso presso Hundersingen, nel Württemberg tedesco e misura ben 80 metri di diametro! Ma perché queste genti giunsero fino a qui? La suggestione la leggiamo nelle ultime righe del pezzo de "La Stampa", dove si legge che la zona del ritrovamento è ricca di resti archeologici, inclusi un allineamento di stele dell'Età del Rame e un altro circolo di pietre del Ferro. E se fossimo di fronte a un altro luogo di pellegrinaggio della preistoria alpina che si affianca a - ad esempio - la Valcamonica o il Monte Bego? Allora si spiegherebbe perché una comunità di "Halstattiani", artigiani del ferro e costruttori di tumuli, si sarebbero spinti fino a qui: lo avrebbero fatto in quanto centro riconosciuto e condiviso di pensiero, ombelico del mondo, luogo di culto, luogo significante". Aggiungo quanto scritto nella discussione sottostante da Francesco Paolo Mancini: "I viaggi dell'antichità erano straordinari, e più grande delle loro difficoltà logistiche è il nostro stupore di moderni abituati a muoverci con i mezzi di trasporto o almeno, se a piedi, con scarpe, vestiti e strumenti vari: basta pensare alla colonizzazione dell'Europa da parte del Sapiens-Sapiens, che poi siamo noi, un "viaggio" durato 160mila anni dal suo luogo d'origine, l'Africa orientale, all'Europa appunto. Più vicino a noi geograficamente e temporalmente, pensiamo al "viaggio" dell'ossidiana, pietra lavica prelevata nelle isole Eolie ed esportata in tutta Europa nel periodo Neolitico. I "nostri" Celti, o forse Cimbri se ad Halstatt appartiene il Guerriero di Aosta,erano supermoderni ed superattrezzati rispetto agli antenati di decine di generazioni precedenti. Detto questo, indagare le civiltà alpine apre, letteralmente, la mente rispetto alla ordinaria visione di una storia dell'antichità polarizzata sul Mediterraneo. E capire la sacralità di certi luoghi, come quello in questione qui, e magari visitarli pensando che i nostri occhi di posteri stanno contemplando quella sacralità quasi in nome di quelle anime o spiriti che non possono vederle più, è un'esperienza emozionante. Io l'ho provato in un luogo sacro per la civiltà alpina dei Fanes, antenati dei Ladini: il Plan de Corones, o Kronplatz, dove, all'alba di un giorno d'estate, quando gli impianti di risalita sono inattivi e tutto tace, è possibile sentire il proprio tempo interiore raggiungere una dimensione millenaria, forse eterna, e sentire il cuore fermarsi". Io questo sentimento di essere immerso in uno spazio antico e evocativo lo provo sempre al Piccolo e al Gran San Bernardo, Colli alpini gravidi di Storia e di presenze.