Le grandi spedizioni alpinistiche, come quella che raggiunse la vetta del "K2" (che sarebbe poi "Karakorum 2", perché a metà Ottocento si pensava che il "Masherbrum" fosse più alto in quella zona di "Himalaya", sbagliando) nel 1954 come ieri, hanno sempre avuto - ed in parte ce l’hanno ancora, pur in presenza di spedizioni multinazionali - un profondo spirito nazionalistico. In fondo a personificare questa logica "italianissima", nel cercare di conquistare la vetta, era lo stesso capo della spedizione al "K2", quell'Ardito Desio che con disciplina e pure cinismo tenne in mano le redini di quella storica salita. Conobbi Desio, che morì nel 2001 a 102 anni, quando mi occupavo a pieno delle questioni della montagna. Era un "grande vecchio", che aveva attraversato tre secoli, roba mica di poco conto. Ma la sua spedizione, come quasi tutte, era stata poi oggetto di profonde polemiche, che qui non riprendo in dettaglio, che ammorbarono la vita dei due scalatori che arrivarono lassù il 31 luglio di sessant'anni fa, Achille Compagnoni e Lino Lacedelli. Chi si scontrò sempre con loro, con il suo carattere coriaceo, fu il grande scalatore Walter Bonatti, che recriminava sul fatto che gli fosse stato precluso di salire sulla cima, come avrebbe voluto, anzi era stato costretto ad una notte all'addiaccio con il rischio di lasciarci la pelle. Essendo poi l'ambiente alpinistico pieno di sussurri e grida (e serpi), la vicenda - condita da cause giudiziarie, libri e contro libri, commissioni apposite come quella del "Cai" - è andata avanti per anni e ad ogni ricorrenza, come sta avvenendo ora sul "giallo" dell'ossigeno in vetta, ci saranno scoop che torneranno sul luogo del "delitto". Il tempo affermerà, comunque, il valore dell'impresa. Per Compagnoni - che pure lui aveva un bel caratterino, come dimostrato da molte storie che circolano - mi è sempre spiaciuto, perché mi era istintivamente simpatico, avendo scelto, fra l'altro, di diventare valdostano (era arrivato in Valle nel 1935 per il "servizio di leva") e guida del Cervino, lasciando la natia Santa Caterina di Valfurva per la Valle d’Aosta, dove morì nel 2009. Da studente avevo conosciuto suo figlio Maurizio, morto in un incidente stradale sulla "Torino - Aosta", e con Achille avevamo parlato di questo dolore indicibile. Sulle polemiche sempre vive sul "K2" (in fondo, ancora all'ultimo, tentò - così mi aveva anche raccontato di persona - una riappacificazione con Bonatti, che non andò a buon fine) ormai aveva assunto un'apparente aria zen, mentre in cuor suo credo che questo continuo rimestare fosse qualcosa di terribile. Anche perché lui, con Lacedelli, lassù ci era salito davvero e questo, a essere franchi, nessuno poteva portarglielo. Reinhold Messner in persona ha più volte ricordato come il K2 sia e resti l’ottomila più impegnativo dal punto di vista tecnico. Ricordo che alla spedizione parteciparono tre guide valdostane: Ubaldo Rey, che sembrava pronto per tentare la vetta ma fu fermato da problemi di salute, Sergio Viotto (che morì purtroppo dieci anni dopo in un incidente alla palestra di roccia di Entrèves) e Mario Puchoz, che morì durante la spedizione per un edema polmonare ed è rimasto sepolto laggiù. Allora a salire sulle montagne himalaiane erano quattro gatti, oggi esiste un alpinismo di massa con tariffe à la carte che promettono di far salire chiunque sugli ottomila meno difficili. L'alpinismo trasformato in turismo di massa, ma il "K2" resta per i più duri, come ben sanno i due valdostani che l'hanno conquistato, Abele Blanc e Marco Camandona. Giorni fa, Simone Origone ha fatto bene a tornare indietro, nella spedizione che ha portato quattro alpinisti sulla cima, perché, come dimostrato dalla morte dell'alpinista spagnolo Miguel Angel Perez, a certe quote basta poco per finir male.