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18 lug 2014

Contro i pregiudizi "über alles"

di Luciano Caveri

Vince la Germania ai Mondiali, ma per la finalissima non c'è stato alcun interesse popolare. Dimostrazione che la febbre dei Mondiali - con tutti in tensione per sapere come andrà a finire - funziona in Italia solo se in campo ci sono gli Azzurri. Questo dimostra che, tranne che per una minoranza di intenditori, le competizioni internazionali servono a rinvigorire logiche nazionalistiche ormai desuete. Ma ex post, mentre si spengono i riflettori degli stadi brasiliani (visitai anni fa il "Maracanã" a Rio de Janeiro vuoto e mi sembrava di sentire lo stesso il tifo carioca in quel luogo cult), la vittoria dei tedeschi rinfocola un certo atteggiamento italiano verso i tedeschi. Che poi è grossomodo lo stesso sia che si parli di pallone sia che si parli di economia, visto che frau Merkel - che pure pare pensi al ritiro all'apice del successo - non solo incassa la vittoria calcistica, ma detta indubitabilmente l'agenda europea, perché la locomotiva tedesca conta in Europa più di tutti. Lo stesso premier Renzi prima ha usato il gioco duro con la Germania e poi, capito che rischiava una goleada politica, ha usato i toni seduttivi e ha scelto la vecchia strada del compromesso. Quella fra italiani e germanici è una vecchia storia. Si potrebbe risalire, con qualche forzatura, alla storia antica, ma i pregiudizi più evidenti sono quelli che agiscono ancora sulle generazioni attuali per l'impronta culturale derivante dalle due Guerre Mondiali. La prima, un secolo fa, portò - malgrado loro - i giovani soldati italiani di leva a combattere nelle trincee contro gli austro-tedeschi e poi ci fu il rapporto controverso con i "crucchi" (il termine risale a quel tempo) nella Seconda Guerra mondiale. Dallo sciagurato "patto di ferro" fra Mussolini ed Hitler alla guerra combattuta (e persa) assieme fra mille sospetti, dal "tradimento" (per i tedeschi) dell'8 settembre alla Repubblica di Salò in mano ai nazisti, dalla Resistenza contro i nazifascisti ad un dopoguerra in cui ci trovammo dalla parte degli sconfitti. Fu ad interpretare quei mesi delle trattative di pace - paradosso delle vicende umane e politiche - un italiano, Alcide De Gasperi, che da trentino era stato parlamentare austriaco. Io sono cresciuto con qualche pregiudizio. Mio papà, settant'anni fa, era stato internato nei campi tedeschi: un'esperienza che, oltre a qualche elementare conoscenza del tedesco che gli era servita per campare, lo aveva reso sospettoso verso il popolo tedesco. Tranne rari casi di umanità (trovò un ufficiale che si chiamava Roux di cognome come mia nonna, che gli raccontò le origini ugonotte della famiglia, in parte riparatasi sulle Alpi) lui vide molta violenza e troppa indifferenza, pur distinguendo sempre fra "Wermacht" e "SS". Queste ultime uccidevano i prigionieri senza alcuna pietà. Io qualche arrière-pensée ce l'avevo quando sono stato, prima al Parlamento europeo e poi al "Comitato delle Regioni". Penso che valga anche da parte dei tedeschi nei nostri confronti, ma poi nel lavoro ci si misura con i propri livelli di conoscenza e di competenza. Posso dire di avere sempre lavorato bene con i tedeschi: pretendono serietà e rispetto degli impegni e non mi sembra che chiedano la luna. Noi possiamo chiedere che ammorbidiscano certe asperità e schematismi inutili. Ma si possono fare assieme delle cose interessanti, specie in chiave europea, dove il mix di culture e di idee può creare un insieme straordinario, se ci si crede. Certo un fatto è inoppugnabile: i tedeschi stanno occupando i posti cardine della grande burocrazia europea e non scelgono mai dei novellini nei ruoli politici. I valdostani poi devono ricordare come il piccolo popolo walser (di cui ho qualche gene derivato dalla bisnonna paterna), alpigiani e commercianti lungo tutto l'arco alpino, sia come una pietra preziosa per la Valle d'Aosta intera. Persone serie, grandi lavoratori, gente tosta. Sicuramente hanno tifato, nella finale, Germania. Ed io? Mi sono sentito neutrale. L'Argentina, piena di immigrati valdostani, è un Paese che mi affascina, ma da tifoso ammiro la costanza e l'impegno dei tedeschi.