Uno ci può ridere e scherzare, ma quando si ha a che fare con l'immensità, pur sempre in qualche modo calcolabile del cielo che ci sta sulla testa, c'è da restare stupefatti. Certo se già la visione di un cielo stellato colpisce o riempie di interrogativi, se finisci - come mi è capitato ancora di recente - dentro un Planetario, che ti proponga un viaggio virtuale nello spazio, esci di lì pieno di interrogativi. Primo fra tutti: perché dovremmo esserci solo noi in questi spazi sterminati, la cui utilità senza vita è fonte di mistero? Mi ha fatto come sempre sorridere, l'altro giorno, questo Pontefice argentino di origine piemontese, Papa Francesco, con questo suo italiano ingentilito dalla cadenza spagnola. «Se domani - si è chiesto Bergoglio - giungesse qui una spedizione di marziani, e alcuni di loro venissero da noi... Marziani, no? Verdi, con quel naso lungo e le orecchie grandi, come vengono dipinti dai bambini. E uno dicesse: "Voglio il Battesimo!". Cosa accadrebbe?». Ovvio che il Papa ha fatto di questa immagine da "Incontri ravvicinati del terzo tipo" un pretesto per una questione politica mica di ridere, che ha messo in cantiere sin dai primi mesi del suo Apostolato e cioè una maggior apertura della Chiesta verso separati, divorziati e coppie di fatto. Avendo resistenze forti in Vaticano, dove chiunque innovi si trova molti nemici, usa esempi come questo per rendere comprensibile le ragioni di una rivoluzione dottrinale che lascerà senza dubbio il segno. Una scelta che farebbe pendere il Papa verso una visione progressista, visto che per ora nei giudizi sul suo operato se ne sentono di tutti i colori, come per tutti i Papi, nella logica che ci è propria di voler tutto etichettare, in un mondo dove – credo che ce ne accorgiamo tutti nella "liquidità" di certezze un tempo granitiche - le etichette reggono sempre meno. Però, al di là del pretesto adoperato per raccontare questa vera e propria parabola breve (nel senso proprio di narrazione di un fatto immaginario per impartire un insegnamento morale) del marziano, restano intatti i misteri della vita, su cui proprio le religioni fondano gran parte delle loro certezze cementate dalla fede, vale a dire dalla fiducia in quel sistema di regole e di speranze che ci propongono una chiave di lettura del noto e dell'ignoto. Compreso, naturalmente, questo discorso del "diverso da noi" su cui si è basato molto dello sviluppo dell'umanità, che oggi - specie grazie ai genetisti come Luca Cavalli Sforza - può contare sulla certezza di come, a fronte proprio di un'uniformità del patrimonio genetico - esiste una diversità culturale importante fra gli uni e gli altri, che non ha nulla a che fare con le teorie razziste sulle "razze" e le supremazie degli uni sugli altri. Ma prima o poi incontreremo i famosi extraterrestri? Nel suo ultimo libro, la celebre astrofisica Margherita Hack così concludeva sul punto: «Credo del tutto probabile che ci sia vita in altri mondi abitati, ma credo anche che non avremo mai modo di incontrare un extraterrestre. Le distanze non ce lo permettono. In conclusione penso che siamo destinati alla solitudine. Ma questo non vuol dire che dobbiamo rinunciare a cercare!». Se lo dice chi ha passato la vita a studiare la nostra piccola Terra, nel rapporto con tutto quanto - enorme e smisurato - c'è là fuori, credo che la profezia vada presa sul serio. Ma ognuno di noi, rinunciando al lato horror di molta fantascienza, la speranza che invece avvenga il contrario - in pace e magari con una civiltà che ci migliori nell'incontro - ce l'ha sempre.