28 mag 2014
Seguo con simpatia le mode nei consumi alimentari: una di queste è la celebre questione dei prodotti "a chilometri zero", diventata una bandiera e va detto che certi eccessi di sbandieramento divengono sospetti. Da un sito qualunque esplicito la questione per i pochi che non avessero ben presente la teoria: "Se ti stai chiedendo perché dovresti preferire il "chilometri zero" qualche risposta te la diamo noi.
- Costa meno, perché la merce per arrivare al consumatore non deve essere trasportata, imballata e posta su uno scaffale, questi sono passaggi che fanno aumentare il prezzo dei prodotti e che alla fine paghi tu!
- E' sostenibile, scegliendo i prodotti a chilometro zero fai risparmiare anche l'ambiente: "co2", perché i prodotti non devono essere trasportati lontano, acqua ed energia dei processi di lavaggio e confezionamento, plastica e cartone sull'imballaggio.
- I prodotti sono più freschi, in cascina trovi solo i prodotti di stagione, naturalmente freschi senza bisogno di conservanti.
- Si può visitare l'azienda produttrice e avere più controllo sul prodotto: puoi trascorrere dei bei momenti in fattoria con amici e familiari vedendo da vicino i prodotti che acquisti e la loro produzione, raramente un acquisto può essere tanto trasparente.
- Si riacquistano i profumi e i sapori delle diverse stagioni: ogni stagione è diversa per il palato, la vista e l'olfatto. Riscopri i sapori tipici dei prodotti che nascono e crescono secondo natura". Trovo giuste queste regole, specie se - il loro contrario - significa trasporti dalla lunghezza senza senso, violenza al nostro ragionevole orologio biologico e capricci per avere un "certo" prodotto, che poi non sempre corrisponde alle aspettative. A Saint-Vincent, dove abito, c’è un giovane coltivatore, formato per altro all'Institut Agricole, quindi dotato della giusta preparazione, che distribuisce a felici consumatori locali i suoi prodotti freschi a prezzi ragionevoli. Michael Carlon, oltretutto, ha rimesso in attività terreni improduttivi e da casa mia, nella sottostante zona Sablon, vedo il suo lavoro su nuove produzioni. Trovo l'iniziativa meritevole, perché si esce da una agricoltura valdostana troppo "zootecnica": una scelta limpida nella sua linea produttiva dal produttore al consumatore. Certo chi compra sa bene che deve seguire la logica della stagionalità, con l’aiuto comprensibile che può venire dalle serre. Ma, come si dice, "modus in rebus". Lo sostiene da sempre quella testa fine di commerciante, che è Oscar Farinetti, creatore di "Eataly" (mi monta la carogna, pensando che sarebbe stato partner regionale della "Porta della Valle d'Aosta", buttata nel cestino per un capriccio), che fa notare come l'agroalimentare funzioni, anche a vantaggio dei prodotti di qualità, se la merce si fa girare con giudizio, altrimenti torneremmo all'autoconsumo e questo, nelle nostre zone di montagna, vorrebbe dire non avere prodotti essenziali per la nostra alimentazione e per quella dei nostro ospiti. E anche, rovescio della medaglia, non potremmo spedire altrove i nostri prodotti per far girare l'economia. Ma ovviamente nelle cose non bisogna essere "talebani" e prendere le cose con una certa leggerezza e flessibilità.