I sistemi elettorali sono da sempre uno dei grandi problemi della democrazia. L'inventiva nel tempo non è mancata, applicata ormai a quel principio generale - dimostratosi delicatissimo da maneggiare - che è l'imprescindibile "suffragio universale". Nel caso della Valle d’Aosta per le elezioni del Consiglio Valle, ci sono stati tre periodi. Un maggioritario nel dopoguerra imposto da legge statale, un proporzionale per gran parte della storia dell'autonomia sempre con legge nazionale, corretto poi - da quando con mia modifica allo Statuto nel 1989 con ottenimento finalmente della competenza in materia - con uno sbarramento e, infine, a seguito di un'ulteriore riforma costituzionale del 2001, con meccanismi diversi a partire dall'ultima legge del 2007. Legge regionale - lo ricordo - frutto di un lavoro corale del Consiglio Valle e non parto della Giunta che presiedevo all'epoca, anche se oggi questa paternità diffusa sembra essere sparita, a fronte di quell'esito delle ultime elezioni regionali, prima applicazione delle norme, dei diciotto consiglieri alla maggioranza e dei diciassette all'opposizione, che la "lotteria elettorale" ha creato. Oggi, fra le eventuali ragioni di evitare elezioni anticipate in Valle, spauracchio per molti, c'è anche la necessità di mettere mano alla legge per evitare che possa scattare un meccanismo di governabilità ridotta così al lumicino. Ma in realtà a preoccupare è l'uso distorto del voto di preferenza. A me, per capirci, il voto di preferenza plurimo - tre nel caso valdostano - è sempre piaciuto di più del sistema del "Porcellum" e dell'"Italicum" in discussione ora in Parlamento, dove gli eletti sono scelti dai partiti, perché scatta l'elezione a seconda della posizione in lista e non attraverso una scelta del corpo elettorale. Sistema che, al di là delle ipocrisie, piace più o meno a tutti i partititi, che di fatto scelgono sin da subito le opportunità che ciascuno può avere nella competizione elettorale. Le preferenze consentono, invece, al cittadino di scegliere fra tutti quelli messi in lista, evitando, come avviene per le elezioni politiche, candidati di "serie A", di "serie B" e persino di "serie C". Così è nel caso valdostano, dove non ci sono "liste bloccate", ma ci sono eguali opportunità per tutti. Ma le tre preferenze sono sotto osservazione per un uso distorto di chi voglia controllare il voto. Confesso una mia vecchia perplessità su di un controllo molto capillare del voto, scheda per scheda, da parte di rappresentanti di lista compiacenti, che poi confrontino i risultati con le promesse di voto raccolte. Promesse che possono essere cristalline o frutto, purtroppo, di scambi clientelari o di denaro. Nel senso che ritengo, dopo aver guardato i dati, che più che un controllo occhiuto sulle terne (che pure esisterà da qualche parte) vale il principio che qualcuno applica del "candidato astruso" infilato in certa zona. Se un candidato dell'alta Valle prende un certo numero di voti in un paese di una vallata della bassa Valle e viceversa, dove è un perfetto sconosciuto, diventa come una sorta di segnalatore - come un "post-it" giallo - della corrispondenza con le promesse di "squadrette" organizzate. Come reagire? Oggi l'opposizione converge sulla preferenza unica, eventualmente affiancata ad uno spoglio comprensoriale delle schede per evitare di riconoscerne l'origine comunale e dunque impedire una "mappatura" del voto. Ricordo, però, che esiste anche una possibilità, ormai praticata in molti Paesi democratici, che è quella del "voto elettronico" (con risultati immediati alla chiusura delle urne!), da noi sperimentato in Valle - con esito assai positivo per la facilità di votare - in occasione di consultazioni comunali. Penso che questo metodo sia molto interessante per sconfiggere ogni combine anche con più preferenze. Ci sono ormai tutte le cautele possibili per evitare che i dati in qualche modo possano comportare rischi d'intromissione nella segretezza o di hackeraggio nel loro trattamento.