Sono ore decisive per la politica valdostana. Non ho mai avuto problemi a scrivere di argomenti politici e trovo che sia bene esprimersi, specie se lo si fa di persona e non nascosti dietro il paravento di uffici stampa o di scribacchini. Questa volta ho avuto un atteggiamento partecipativo ma riservato e questo non perché ci debbano essere misteri o camarille, ma perché ci sono momenti di grande concitazione, quando avvengono cambiamenti decisivi, in cui è difficile fare una fotografia esatta e qualunque "istantanea" diventa subito vecchia.
Questa circostanza del dinamismo della posta in gioco si somma ad un passaggio storico: la chiusura di una lunga pagina del potere politico di Augusto Rollandin, del suo sistema di potere e di governo e del "rollandinismo", inteso come concezione della cosa pubblica. Qualcuno potrebbe dire: ci hai convissuto. E' vero, ma l'ho sempre fatto con i miei principi e le mie idee, vivendo molto in un'attività politica esterna a Roma e a Bruxelles. Quando sono tornato nel 2003, entrando a pieno nella dimensione politica regionale, si è vista la differenza di lunghezza d'onda e la forbice si è allargata sino al rientro di Rollandin in Regione nel 2008. Gli anni successivi, sino alla rottura dello scorso anno e alla nascita dell'Union Valdôtaine Progressiste, sono stati difficili per un clima di ostilità, imbevuto di fatti negativi e persino dolorosi. Ma quel che è certo è che nel sistema c'erano sempre più elementi patologici e preoccupanti, che hanno reso inevitabile la scelta di andar via dalla "mia" Union Valdôtaine, ormai occupata manu militari da una sola persona, circondata da un entourage inquietante e reticolare. La sola logica, insostenibile in democrazia, era diventata «o con me o contro di me» con un pensiero unico sulle scelte e sulle decisioni, che non poteva che portare ad una reazione di rottura e poi al lavoro di contrasto. Ora si avvicinano momenti significativi e sono, come tanti, con il fiato sospeso e spero che queste poche righe invecchino presto e si possa tornare ad una visione collegiale della nostra Valle per rilanciare dappertutto un'immagine diversa della nostra autonomia speciale, oggi ai minimi storici della propria credibilità. Siamo sull'orlo del precipizio e sono sicuro che sarà faticoso risalire la china, risanare l'ambiente, affrontare problemi complessi e via di questo passo. Ma non ci sono alternative all'impegno di ciascuno e della comunità intera e questo va fatto con onestà e determinazione, togliendo zone d'ombra, legami sospetti, ragnatele infestanti. Per questo bisogna ragionare "alto", cancellando rancori e personalismi, per un bene superiore che non riguardi "Tizio" o "Sempronio" e neppure l'avvenire, pur legittimo, di ciascuna forza politica e di chiunque sia protagonista della vita politica. Chi ha avvelenato i pozzi e chi continua a giocare con gas mefitici deve sapere che il gioco è finito e chi ha deciso di compartecipare al cambiamento lo fa con assoluta trasparenza, ma senza ingenuità e buonismo. Ogni cambiamento dev'essere accompagnato dalle energie necessarie per guardare avanti con grande forza e ci vorrà davvero una "Renaissance" della politica e delle coscienze. Lavoro improbo e impegnativo su cui bisogna essere ottimisti, pensando a chi va amato la Valle d'Aosta e non c'è più e guardando il sorriso dei nostri figli o nipoti. Indietro non si torna.