Leggo in questi giorni, rispetto alla crisi politica in atto in Valle d'Aosta, delle osservazioni di chi - postosi in una posizione di saggezza - segnala un eccesso di odio, che rischia di essere un veleno che tutto ammorba. Colgo la buona fede e non l'uso strumentale, che pure si può fare del ragionamento. Sono un tipo piuttosto pacifico, pur considerando qualche sana incazzatura come un veicolo utile per non mettere in circolo tossine. Per cui l'odio, fatto salvo qualche sarcasmo o sfogo verbale, non me lo porto dietro, considerandolo come un lato oscuro della nostra umanità. Non adopero neppure, al contrario, per spiegarne i rischi quella sorta di melassa dolciastra, che è l'uso eccessivo della parola "Amore", soprattutto quando colgo nel suo impiego strumentale o peggio buonista un'evidente malafede. Anni fa, per capire la portata della "non violenza", come strumento sempre utile anche nella lotta politica in passaggi delicati, mi sono letto, pur nella difficoltà culturale di capirne i passaggi, alcuni scritti del Mahatma Gandhi. C'è un brano che va a pennello con il mio stato d'animo: «"Odia il peccato e non il peccatore" è un precetto che, benché abbastanza facile da comprendere, viene messo in pratica raramente, ed è per questo che il veleno dell'odio si diffonde nel mondo». Io in questo momento trovo insopportabile quanto si sta facendo alla Valle d'Aosta. Una situazione di continuo arretramento di idee, valori e progetti. L'"uomo solo al comando", sempre più solo e confuso, in un clima di intrecci e sospetti, continuamente più torbido per chi sappia leggere l'affresco della situazione e mettere assieme i pezzi, diventa preoccupante non tanto per gli aspetti personali, quanto appunto per i "peccati". Per cui è vero che va tolto dal tavolo l'odio, anche se si sono ricevute cattiverie e violenze, ma questa non è una scusante contro i metodi e la deriva dei comportamenti, che tra l'altro non hanno nulla a che fare con il federalismo, usato solo come bandiera propagandistica per addolcire la pillola dell'autoritarismo, che è la versione deforme e perniciosa dell'autorità. Ci sono risvolti non solo politici, ma anche psicologici per chi vuole imporre il suo potere assoluto e anche, al contrario, per quella parte di cittadini che si bea di una situazione di sottomissione di questo genere. Constato come mai sino ad oggi si sia dimostrata una carica così forte di disprezzo se non di indifferenza verso il Consiglio Valle, pur essendo quello valdostano un regime parlamentare e non presidenziale. Rifletto su come di fronte ai problemi da risolvere ci si rifugi dietro ai bizantinismi giuridici, spesso in contrasto con la nostra autonomia speciale e si usi la menzogna come il pane quotidiano, violando elementari principi di "bon ton" istituzionale, se non vogliamo scomodare l'etica e i principi del Diritto. Di tutto questo, soffro sinceramente e mi convince di come il cambiamento debba avvenire nel nome del bene di una comunità e non di camarille fra gli uni e gli altri. Chi rappresenta gli attori della tragedia in corso, specie nel mondo autonomista, come se fossimo tutti uguali e solo diversi nei loro personalismi, non ha colto il passaggio in corso e insegue, semmai, dei suoi antichi e ormai putrefatti sentieri di odio. Contano i peccati.