I giochi di prestigio di certa politica italiana, in cui più che la politica c'entrano gli inamovibili grand commis di Stato (la vera casta mai toccata) e i loro intrecci con l'affarismo, sono delle volte sconcertanti. Si avvia una "privatizzazione" delle "Poste" (ma con la quota del quaranta per cento ceduta ai privati e dunque lo Stato resterà maggioritario) e le "Poste" sono la stessa società - caso preclaro di come certi sindacati siano consociativi - che, sulle spalle dei contribuenti, ha salvato, alla fine e sul filo di lana, l'"Alitalia" in coma. Operazione di "aiuto di Stato" - e dunque contraria alle regole comunitarie - per mantenere la compagnia aerea in mano a privati, ma socializzando le perdite, come era già avvenuto al tempo della discussa acquisizione.
"Alitalia" è un caso tutto italiano e, essendomi occupato per alcuni anni a Bruxelles del tema trasporti, aerei compresi, penso di non prendere lucciole per lanterne. Intendiamoci: altre compagnie nel mondo hanno subito la violenza della concorrenza internazionale, ma ne sono uscite o sparendo o con politiche di fusioni e alleanze, come è normale che avvenga. Ma il volo aereo è comunque un settore destinato a svilupparsi e dunque gli spazi ci sono tutti. Certo, Alitalia sconta vizi antichi: è sempre stata nel tempo come un Ministero, ruotando non a caso attorno a Roma. Questo ha favorito organici impazziti, con clamorosi intrecci parentali fra i dipendenti e altre storie che hanno portato al collasso e all'attuale stato di coma. Una paralisi che costerà di nuovo cara al contribuente. In un Paese normale, Alitalia sarebbe fallita, qualche generazione di amministratori sarebbe finita sotto processo e si sarebbe ripartiti con alleanze forti per avere una compagnia aerea italiana degna di questo nome. Invece, Alitalia è rimasta, invece, né carne né pesce e le conseguenze per la qualità del servizio sono evidenti. Se in passato già scegliere Alitalia voleva dire farsi del male, nel rapporto fra prezzo e qualità, ora che la concorrenza impazza non esistono più monopoli o privilegi. Nel mercato aperto quel che capita è ovvio: chi non sopravvive, è destinato a morire. Quando mi capita di viaggiare, è facile constatare come la decadenza della compagnia Alitalia sia ormai senza ritorno. Prezzi più alti, tratte ridotte, personale con la crisi di nervi, aerei vecchi. Nessun senso nazionalistico spingerebbe chicchessia a spendere di più ed essere trattato male. Spiace dirlo, ma il "caso Alitalia" ha visto coinvolto, nel tracollo di fatto, la gran parte della politica italiana e, in ultimo, proprio il Governo Letta, che su questo dossier ha perso un'occasione per dare un segno ben più forte delle privatizzazioni fasulle di cui ora si discute. Su Alitalia si sarebbe potuta cambiar musica e, invece, troppi avvoltoi volano nel cielo della politica italiana. Non è insabbiandoli che si risolvono i problemi.