Si chiude fra poco un anno e, come da qualche tempo, il mio San Silvestro avrà una dimensione intima con alcuni amici. Ci sono stati anni - beata gioventù - in cui l'imperativo categorico era quello del divertimento a tutti i costi. Ho sempre avuto un côté organizzativo, che mi spingeva a scelte logistiche, alla determinazione del vettovagliamento e persino alla proposta dei cotillons più adatti alla bisogna. In alcuni periodi - prima di determinare che si trattava di una cosa che faceva troppo soffrire i poveri cani - mi sono pure occupato dei munizionamenti e cioè dei fuochi d'artificio. Oggi la dimensione è quella di una buona cena, dei buoni vini (poi non guido) e le lunghe chiacchiere che ti portano sino alla Mezzanotte con una bottiglia di champagne in mano e nessuna particolare follia. Qualche telefonata a chi vuoi bene per un pensiero perché non è con te e così, senza clamori o mondanità, si cambia pagina del calendario con quella scritta - 2014 - che diventerà familiare solo dopo qualche settimana. Quando di questi tempi ci si guarda attorno, c'è poco da stare allegri e i propositi per l'anno che verrà finiscono per essere basici e non troppo svolazzanti. Ho sempre odiato gli eccessi retorici, ma di questi tempi odio ancor di più qualunque tipo di discorso enfatico e ampolloso. Ma mi fa schifo anche il contrario e cioè la retorica a rovescio e cioè la retorica dell'antiretorica, di chi si rifugia in buonismi, populismi, frasi fatte per compiacere. Entrambi, come opposti che si toccano, mi danno il voltastomaco. C'è bisogno - e si può dire bene e con le parole giuste - di verità nella sua nudità e crudezza per dare un senso a questo anno nascente dalle ceneri di un periodo in cui ci vuole forza per mantenere speranze e ottimismo. E, d'altra parte, serve il lasciarsi andare e farsi inghiottire dal pessimismo? A chi giova l'abbattimento e l'abbandono? Non so se ci sia oggi qualche disegno che pesa sull'Italia e pure, con dinamiche che mi preoccupano perché vedo molte cose in filigrana, sulla Valle d'Aosta. Ma resta il fatto - semplicissimo - che alla democrazia, scalcinata e talvolta mefitica, non ci sono alternative, proprio se non ci si lascia condurre o irreggimentare. Devono per questo restare intatto il senso civico, l'impegno civile, la voglia di reagire e di fare. Ogni tanto mi domando dove stia andando la comunità valdostana cui appartengo, in questa Italia dolente e in un'Europa in crisi di identità e se ci siano medicine per curare certe malattie che ci stanno avvelenando la vita. Alla fine la risposta - haute et forte, come si dice in francese - è ancora positiva, perché questo dev'essere il motore della nostra vita e lo dobbiamo a noi stessi e a chi ci sta vicino. Questo è il mio augurio per il 2014: la consapevolezza che ciascuno di noi conta.