La "Settimana Enigmistica" è sempre stata per me un cimento estivo. Avendo visto mio padre nel periodo di vacanza, generalmente in spiaggia, impegnato con i giochi, specie quelli più complessi cui ho sempre rinunciato, ad una certa età ho cominciato a contendergli il giornalino. Dapprima con la lettura delle barzellette (che poi erano vignette, come quelle con il matto con lo scolapasta in testa) e poi con le parole crociate facilitate. Certo fa impressione come, anche nelle piccole cose, il processo imitativo, appreso, guardando i nostri genitori, colpisca, nostro malgrado. Ma, nel caso in esame, questo fenomeno, pur ormai cosciente, colpisce lo stesso e quando sono in giro, magari in aeroporto per partire per un viaggio, nella "mazzetta" dei giornali spunta la "Settimana enigmistica", con la sua scritta fattasi proverbiale: "La rivista che vanta innumerevoli tentativi d'imitazione!". Nella canzone di Paolo Conte, "Sotto le stelle del jazz", c'è una strofa fulminante: "nel tempo fatto di attimi / e settimane enigmistiche…". Nata nel 1932, la "Settimana enigmistica" ha compartecipato a forgiare generazioni e generazioni. Ho un simpatico amico imprenditore, Maurizio, che non ha mai nascosto di aver studiato poco, ma si vanta - diciamolo: generalmente seduto in bagno - di essersi lentamente formato una cultura, almeno nozionistica, risolvendo le parole crociate o attraverso rubrichette fattesi proverbiali, del genere "Forse non tutti sanno che…", "Strano, ma vero!", "Spigolature". Capita spesso, infatti, di usare nel linguaggio comune qualche riferimento ad una cultura popolare del citato prodotto editoriale, che permette - anche con una battuta - di capirsi subito. Ad esempio, in queste ore, mi divertivo a pensare come alcuni si autorappresentino sui social media. Vedo un collega politico che scrive su "Twitter" (penso che, in realtà, lo faccia per lui un suo fedele "ghostwriter", cioè chi gli scrive le cose), rappresentandosi come se fosse una sorta di "Il Tenero Giacomo", l'omino con baffi e bombetta (fa pensare a Magritte, che le bombette le usava nei suoi quadri), al quale erano dedicate due vignette sulla "Settimana Enigmistica", che rinviavano l'una all'altra per la comprensione della scena. L'autore era un tedesco, Hans Jürgen Press, morto nel 2002. A lui si deve questo personaggio un pochino lunare, ingenuo e bonario, che metteva in scena storielle buoniste e pedagogiche. Senza la "Settimana Enigmistica", avrei dovuto usare la maschera ben più drammatica, tratta dal noto romanzo "Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde" dello scrittore scozzese Robert Louis Stevenson. Invece una risata è più efficace di una tragedia.