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01 mar 2013

La delicata questione europea degli impianti a fune

di Luciano Caveri

In vita mia mi sono occupato sotto molte vesti degli impianti a fune. Sono stato presidente della "Sitib", che si occupava della piccola stazione sciistica di Brusson con uno skilift in paese (all'epoca) e gli impianti di Estoul (ai miei tempi venne costruita la lunga seggiovia). E' stata interessante come esperienza, visto che all'epoca come deputato ero più politico che amministratore: pur nel piccolo c'erano lì riassunti tutti i problemi di gestione legati al settore funiviario. La parte più promozionale l'avevo invece seguita quando mi occupavo della prima fase del "Monterosa ski" e mi trovai proprietario di una mongolfiera! L'esperienza impiantistica crebbe non solo nell'Associazione valdostana impianti a fune - con un "maestro" di grande competenza e spessore umano come Ferruccio Fournier - ma anche nell'associazione nazionale di categoria, l'Anef, di cui son stato vice presidente, potendo a quel punto capire le di erse modellistiche alpine, appenniniche e insulari, pensando alle piste sulle pendici dell'Etna. Ma anche in veste politica seguii, nella veste di "lobbista buono", il settore prima a Roma e poi a Bruxelles, nel quadro naturalmente dei problemi della montagna e conoscendo impiantisti di provenienza di diversi Paesi europei. Il "battesimo del fuoco" fu, in Europa, sul tema delicatissimo per la Valle e non solo degli aiuti pubblici al settore, senza i quali gli impianti chiuderebbero con un terribile effetto domino sul turismo invernale. Già una decina di anni fa i responsabili della concorrenza europea, al tempo sotto l'occhio vigile del Commissario europeo Mario Monti (proprio lui!), seguivano in modo severo l'evoluzione del settore per vedere se ci fossero o meno distorsioni della concorrenza per gli aiuti di Stato. Eviterò di addentrarmi in una materia troppo specialistica, ma spero che l'ascolto del mio intervento in Consiglio Valle (esposizione e replica) possa risultare interessante.