Incontro un amico che da tempo immemorabile si dichiara, direi con un certo vezzo, "liberale". Parola quasi scomparsa - nella sua dizione solitaria - e semmai di moda nella versione anglofona, ben diversa, che è "liberal", o nella definizione più lunga e complessa di "liberaldemocratico" o di "liberalsocialista". Insomma: un galantuomo moderato, imprenditore da sempre, mai avvezzo a svolazzi retorici e saldamente coi piedi per terra. Mi dice, stupendomi: «Bene! I nostri predecessori si sono sacrificati per sbattere via dalla Valle nazisti e fascisti e poi alcuni di loro ce li siamo ritrovati compagni di governo anche in Valle d'Aosta». Considerazione secca, di quelle che non consentono i distinguo che si potrebbero pure fare, per correttezza, fra neofascisti di un tempo e conservatori di destra attuali. Quel che conta è la sostanza di uno stato d'animo e un'"impronta storica" sulla Valle d'Aosta che non si può cancellare nella logica di quanto sia trascorso da allora ad oggi. E' importante ricordarlo oggi, quando l'autonomismo valdostano che ha lì una parte delle sue radici diventa un prêt-à-porter indossato anche da chi viene da esperienze incompatibili. Ma, per fortuna, l'abito non fa il monaco e certe conversioni suonano come sospette. Certo il quadro è complesso in uno sparigliamento della Destra: Silvio Berlusconi è e resta il Popolo della Libertà e la Lega, nel seguire "il pifferaio magico", dimostra quanto il suo federalismo sia solo verbale; Gianfranco Fini, da leader missino diventa partner centrista di Mario Monti e il suo democristianesimo liberista, più a destra si posiziona, infine, il trio tricolore La Russa-Meloni-Crosetto e cosa c'entri in questo quadro il parlamentare cuneese è un mistero. Lascio perdere i vari ed eventuali. Semmai incuriosisce l'attesa per il soggetto autonomista di destra, annunciato in Valle dai leader pidiellini locali per una caratterizzazione regionalistica del berlusconismo in salsa valdostana, viatico - immagino - per un accordo elettorale per le regionali con l'Union Valdôtaine. Per questo l'attuale "desistenza" alle politiche è l'ennesimo agreement verso Augusto Rollandin, "sdoganatore" di Berlusconi in Valle e creatore di quella "cabina di regia" antistatutaria e dunque incostituzionale. A me l'ammonimento dell'amico liberale convince e dimostra che chi critica l'autonomismo che scivola a destra non è "in odor di comunismo" (la "patacca" che Berlusconi vende dall'inizio degli Novanta, come scriveva ieri Eugenio Scalfari), ma è solo rispettoso di un'identità politica che non è in saldo e di conseguenza non è - in un ambiente in cui vige la regola "ognuno è comprabile" e lo si è anche visto in singoli casi - una questione di prezzo e dunque di "consigli per gli acquisti".