Si è molto discusso e molto si discuterà su di un aspetto in particolare delle vicende che riguardano oggi l'Union Valdôtaine e un confronto interno in corso, che assume un valore universale sul ruolo in gran fermento dei partiti nelle democrazie europee di fronte alle trasformazioni in atto. Si tratta in sostanza del problema dell'equilibrio fra dibattito interno e cioè quell'insieme di regole, che attraverso gli statuti di cui ogni forza politica si dota, e l'opinione pubblica esterna nella mediazione dei mezzi d'informazione, compresi i social network come "Facebook" e "Twitter", che sfuggono oggi alla ben più nota perimetrazione del giornalismo tradizionale e al ruolo codificato del giornalista con le sue regole deontologiche da rispettare. Le tesi che sembrano campeggiare sono due: una "tradizionalista" dice che tutto deve chiudersi e esaurirsi negli organi dei partiti in una logica di totale riservatezza, che consideri ogni comunicazione e apporto attraverso i media come una sorta di tradimento di regole del dibattito interno, e una seconda posizione "innovatrice", che segnala come questa circostanza di ambiti chiusi e impermeabili al mondo esterno sia una limitazione sempre più anacronistica proprio in un concetto di democrazia ampliato anche per la dialettica nei partiti. Si tratta di un problema per nulla nuovo, che muta solo per la maggior velocità dei mezzi d'informazione e degli strumenti di Internet, che hanno posto nuovi confini, più dilatati. Il mio pensiero è questo: il dibattito politico ha da sempre una dimensione pubblica che non può essere negata e ritenere oggi che esprimersi, proprio nell'epoca della rivoluzione digitale che ha allargato le possibilità di interazione fra partiti e popolazione cui essi si rivolgono, sia violare delle regole di segretezza sia una concezione vecchia del mondo politico e questo non ha nulla a che fare con le logiche di civile convivenza che certo devono sempre essere presenti. Un movimento politico non è né una caserma né una setta e lo sforzo di dare ai partiti nuove forme organizzative più fluide e meno ingessate corrisponde proprio al rischio, presente nell'Union Valdôtaine come per le forze politiche tradizionali, di arroccamento su forme organizzative - regolare da organi e da norme - che andavano bene in passato ma oggi rischiano di essere paludamenti che non corrispondono più alla società e alle sue evoluzioni. Viene in mente la frase manzoniana "sopire, troncare, padre molto reverendo, troncare, sopire". Questo atteggiamento non mi piace e diventa irrealistico se i partiti devono essere case di vetro e meccanismo di snodo indispensabile fra cittadini e istituzioni. Altrimenti, rischiano di vincere forme di aggregazione incerte e cangianti, che usano demagogia e protesta come spina dorsale delle loro azioni in politica con dinamiche interne poco comprensibili se non opache. Io resto convinto del ruolo di partiti e movimenti, ma sapendo che quel che resta del passato va reso attuale, pena lo sbriciolamento delle strutture non più corrispondenti al mondo che cambia. Per questo non bisogna arroccarsi a visioni non più legate alla realtà.