Non me la sento di infilarmi e di infilare i lettori in un dedalo di norme giuridiche in materia di enti locali, che in Valle significano Comuni e Comunità montane (si potrebbe anche citare il "Conseil de la Plaine" che comprende Aosta e i paesi viciniori). Quando ho cominciato a far politica, mi ero ripromesso di evitare il "politichese", anche nella sua variante di "giuridichese", ma ogni tanto mi accorgo di come questo impegno non l'abbia sempre mantenuto, perché la spiegazione di questioni complesse non è sempre agevole e si rischia il tecnicismo. Ecco perché il ragionamento che vi propongo è puramente politico e spero chiaro. I Comuni sono nella nostra zona montana il radicamento democratico più forte, che affonda le sue radici nella storia più profonda della Valle. Il fascismo ridusse il loro numero e non a caso il ritorno alla democrazia portò fra i primi atti alla rinascita del sistema comunale e alla morte di quella "Provincia d'Aosta" allargata al Canavese con la nascita della circoscrizione autonoma poi Regione autonoma a cavallo fra il 1945 e il 1948. Nello Statuto d'autonomia il potere reale della legislazione regionale verso i Comuni era debolissimo e manteneva un assurdo e forte cordone ombelicale fra le nostre autonomie locali e Roma. Nel 1993 - conscio di questo "buco" per completare un disegno di autogoverno - la nostra autonomia speciale si è rinforzata proprio con l'ottenimento della competenza esclusiva sull'ordinamento degli Enti locali con modifica dello Statuto. Questa novità ha consentito una significativa legislazione federalistica a favore dei Comuni (e Comunità montane come erogatrici di servizi associati) sia sotto il profilo finanziario che ordinamentale. Ben prima delle riforma costituzionale del 2001, che precisò in tutta Italia il ruolo costituzionale dei Comuni come "rete" di democrazia diffusa, i valdostani erano andati su quella strada. Siamo stati anche i primi ad applicare in modo generale sistemi di controllo sulla spesa dei Comuni e lo abbiamo fatto in modo efficace e condiviso con i sindaci. Intanto Roma dava e continua a dare i numeri, sovrapponendo in questa materia normative una dopo l'altra con orrore degli esperti e degli amministratori e questa logica si è accentuata, in modo schizofrenico, con tagli e risparmi in un crescendo sfociato nella celebre e imposta "spending review" con previsioni che, se applicate alla Valle d'Aosta, tenendo conto della taglia dei nostri Comuni e del loro ruolo sul territorio, creerebbero dei disastri e delle iniquità. Condivido l'appello dei sindaci valdostani che, giorni fa, hanno detto di essere pronti a soluzioni di risparmio e di razionalizzazione a condizione che mai vengano imposte dal centro, ma frutto delle nostre competenze in materia che dobbiamo tenerci strette non solo per ovvie ragioni di tutela delle nostre prerogative ma anche perché spetta a noi in Regione armonizzare le misure alla particolare situazione locale. Altrimenti facciamo a meno di avere un Consiglio Valle e mettiamo un ufficio in Regione che si limiti ad imporre le norme dello Stato. Insomma: la fine dell'autonomia che è fatta invece da una legislazione originale anche di fronte alla crisi. Non dobbiamo accettare e subire un interventismo emergenziale dello Stato, perché una volta persi poteri e competenze nessuno ce li restituirà mai più. Si tratta di una bella e cristallina battaglia politica che, per chi si dice federalista e dunque considera il Comune un tassello fondamentale, non è un capriccio.