Salgo a Bruxelles tra poco per una riunione di commissione del "Comitato delle Regioni" e sono contento di una parentesi europea. Intendiamoci subito: Bruxelles è ormai e anzitutto la Capitale europea e so bene quanto il processo d'integrazione sia diventato complicato e si trovi in una fase declinante. Ai soliti problemi ben noti, tipo il centralismo crescente delle Istituzioni europee e lo strapotere degli Stati in barba agli slogan sulla sussidiarietà e sull’Europa delle Regioni, si somma la crisi economica che picchia duro e noto come in Valle al fragore della tempesta si sia sostituita ormai la tempesta in piena regola e con un'autonomia speciale gravemente ridimensionata. Anzi, non ci sarebbe neppure da stupirsi che il Governo Monti butti lì un disegno di legge costituzionale che abolisca le speciali, che non ha i tempi utili per l'approvazione, ma intanto «si vede l'effetto che fa». Quando l'economia vacilla, specie con una politica europea balbettante, l'esito è giocoforza quello di una spinta centralistica di tutta evidenza. Ne approfittano l'Europa e ancor di più gli Stati che con gli accordi sulla governance economica soffocano Regioni ed Enti locali. Ma Bruxelles è anche Capitale del Belgio: lo Stato europeo con il federalismo più avanzato, nato per far convivere due popoli diversi, i fiamminghi e i valloni, specie con la spinta dei primi di volersi dotare di uno Stato sovrano, come da esiti elettorali. Quando per un periodo lunghissimo il Parlamento belga non è riuscito a nominare un Governo si è visto come la struttura federale consentisse di vivere lo stesso. Dovrebbe essere questo un argomento su cui riflettere e dovrebbe farlo chi - anche con lo slogan distruttivo «Contrordine compagni!» - si rimangia le scelte federaliste buone fine a poche settimane fa. Questa atmosfera europea è utile per uscire fugacemente dalla palude italiana rispetto alla quale non so più cosa dire e cosa aggiungere. L'europeismo di facciata dell'Italia si sta sgretolando giorno dopo giorno e avanza da parte di tanti e diversi fra loro questa idea che in fondo questo quadro comunitario non serva per nulla. E' come se la Storia non avesse insegnato niente. D'altra parte - diciamoci la verità - chiunque segua un quiz televisivo si accorge di come la media dei concorrenti non sappia situare nel tempo nessun avvenimento storico. Verrò da una generazione martoriata dalle date, ma noto che troppi non prendono un canale su questione elementari per chi voglia definirsi un cittadino consapevole. A questo "niet" per un'Unione europea inutile se non da osteggiare, perché è una "rompiballe" che detta regole, si aggiunge un curioso e distorto nazionalismo, che ora prende di mira la struttura della Repubblica. In questo frangente, con il Governo tecnico che ha dato una mano di colore a Palazzo Chigi e ai Ministeri, piace di nuovo lo Stato centrale e qualunque forma di autonomia locale va aborrita perché inutile e sprecona («che i ladri vadano in galera!»). Una moda che verrà cavalcata dal Governo Monti, il cui gradiente di eccentricità giuridica sta raggiungendo livelli planetari. Chi chiede dei distinguo è un appestato («dagli all'untore!») e difende la propria corporazione e i propri privilegi. Da questo punto di vista sarà da capire che cosa siano questi tagli draconiani che i Presidenti delle Regioni hanno proposto al Governo e al Quirinale e che dovrebbero confluire in un decreto legge (sic!). Per cui vado a Bruxelles per ricaricare le pile e capire se sono matto io o se stiamo vivendo una situazione astrusa.