«La France se prépare à un possible regain de tension en cette fin de semaine dans la communauté musulmane après la publication par "Charlie Hebdo" de caricatures du prophète Mahomet. Dans le monde arabe, la journée test, c'est pour aujourd'hui, jour de la grande prière». Così oggi tutti i giornali francesi presentano una giornata piena di pericoli in Francia, Paese europeo con la più grande comunità islamica in Europa e con la paura che qualche azione terroristica possa colpire in patria o cittadini francesi in qualunque parte del mondo. Al famoso film offensivo su Maometto uscito negli Stati Uniti, che aveva dato origine a proteste di vario genere, si sono aggiunte le vignette del settimanale satirico. Una fanfaronata inutile, come ha detto bene il leader europeo dei Verdi al "Nouvel Observateur": «Daniel Cohn-Bendit estime que les dirigeants de "Charlie Hebdo" sont "des cons" et qu’il y a une limite à la provocation. "Quand on est sur une poudrière, dit-il, on réfléchit avant de craquer une allumette"». Il giudizio dunque dev'essere chiaro: la libertà d'espressione è sacrosanta in Occidente ma bisogna respingere sia operazioni come quella del film fatte apposta per nuocere sia scelte come le vignette che finiscano per essere ingiuriose verso qualunque religione in momenti particolari. So quanto i confini e gli obblighi possano risultare opinabili ma certe tensioni vanno disinnescate. Ciò detto, tuttavia, restano alcune questioni ulteriori. La prima è che comunque sia non è accettabile che la violenza rappresenti la risposta di una parte della comunità islamica e che è evidente come gli estremisti siano sempre alla ricerca del minimo pretesto per infiammare folle che protestano ciecamente senza neppure saperne le ragioni. Ci sono ormai analisi finissime sulla capacità di penetrazione in mille modi del cancro del fondamentalismo su cui ovunque, compresa la Valle d'Aosta dove la comunità islamica ha assunto dimensioni significative, bisogna vigilare. La logica è che mai si interrompa il quadro della coesione sociale e culturale - in sostanza una civile convivenza nel rispetto di ciascuno e in primis di chi accoglie - che eviti quelle barriere reciproche che sortiscono incomprensioni e armano la mano di chi si sente chiamato ad una missione divina. E' questo, purtroppo, può avvenire ovunque, come dimostrato ormai da una vasta casistica che va dal matto singolo alle grandi azioni di organizzazioni sofisticate. Il momento che viviamo è difficile con un'Europa che soffre e arranca fra tagli negli interventi pubblici e disagio sociale, come dimostrabile da fattori come la crescente disoccupazione e un generale impoverimento, e questo crea fenomeni d'intolleranza e di xenofobia verso quelle parti d'immigrazione che coltivano visioni di rottura con la comunità che li accoglie. Non aiutano certe comportamenti e mentalità oltranziste che creino "comunità separate" nel nome di un relativismo culturale che pretendano un diritto parallelo a quello del Paese ospitante. Chi viene - e in Francia questo è stato definito con chiarezza - deve adeguarsi alla tradizione giuridica e ai valori comuni, fra i quali vi è la tutela della diversità culturale e del pluralismo religioso, ma sempre in un quadro di convivenza reciproca basato su regole e comportamenti. Sarà banale ripeterlo ma basta poco per far saltare meccanismi delicati e trovarsi di fronte ad emergenze come quelle di queste ore perché nella normalità si è lasciata troppa acqua ai pescecani.