Franz Kafka diceva delle fiabe che esse nascono dalla «profondità del sangue e della paura». L'esperienza della paura credo che, tornando bambini, la ritroviamo nella profondità di ciascuno di noi come un passaggio decisivo della nostra formazione culturale. Ha scritto Antonio Vita in "psicoterapeutica della fiaba": «Nella fiaba, sia che essa venga scritta da un determinato autore, o soprattutto, che sia frutto di un sapere popolare che esprime e riporta la tradizione di un popolo - vengono proiettati gli elementi dell'inconscio personale e gli archetipi dell'inconscio collettivo. E proprio nel la fiaba come nel sogno, gli archetipi assumono forma e si manifestano in immagini e in rappresentazioni. Ma la storia raccontata in una fiaba è ancora qualcosa di più distruggerla, finiscono con il fortificarla, riportandola a vita autentica. Importante: è la storia della psiche che , attraverso una serie di eventi, a volti pieni di rischi e pericoli, raggiunge una meta, un traguardo, un obiettivo. La fiaba diventa la metafora della storia della vita della psiche: narra le vicende, le peripezie, i tormenti, i dolori attraverso i quali la psiche giunge infine alla sua piena maturazione, liberandosi dai complessi che l'avvolgono e la mettono a dura prova». Un esempio con l'orco di Pollicino è quello della famosa espressione «ucci, ucci sento odor di cristianucci», che nel pathos delle favole è uno di quei momenti culminanti che ti fanno trattenere il respiro. Questo "battesimo" culturale delle favole rende agevole la traslazione di certe espressioni nella realtà. Vien voglia di figurarsi, nell'odierno dibattito politico, l'orco-Stato che "caccia" i rimasugli di federalismo ancora esistenti proprio come i "cristianucci". Confesso una certa depressione di fronte al quadro d'involuzione centralista rispetto al regionalismo vigente e alle autonomie speciali in particolare. Possibile davvero che il federalismo debba essere sempre il grande sconfitto dal Risorgimento ad oggi e mai riesca ad affermarsi un modello statale diverso? Questo mi lascia allibito e mi sconcerta che sia oggi scherno e incomprensione verso chi - in coerenza con le proprie idee e senza essere banderuola - persiste nel credere che l'origine di tutto i mali resti questo modello statalista e romano-centrico. Come scriveva Luigi Einaudi: «ricostruire lo Stato partendo dalle unità che tutti conosciamo ed amiamo; e sono la famiglia, il comune, la vicinanza e la regione. Così possederemo finalmente uno Stato vero e vivente». In fondo è un messaggio ben presente negli scritti di Emile Chanoux, quando invitava i valdostani alla forza della coesione attorno alle idee federaliste con queste parole: "et puis, nous devons nous organiser; aller chercher tous les Valdôtains, qui sont Valdôtains, leur faire sentir qu'ils ne sont pas seuls, que d'autres pensent comme eux. Pris individuellement, tous céderaient. Pris collectivement, personne ne pourra nous abattre. Quand on sent qu'on n'est pas seul, que beaucoup d'autres partagent avec nous les idéals, la même foi dans les destinées de notre petite patrie, on est plus courageux, on est plus actif, on est plus convaincu de la justice de nos pensées". Unico modo per sconfiggere gli orchi.