Gli stranieri residenti in Valle d'Aosta, all'inizio dello scorso anno, erano 8.712, rappresentando il 6,8 per cento della popolazione residente. Rispetto al 2004, siamo a poco più del raddoppio delle presenze e di conseguenza i numeri parlano da soli sul fenomeno crescente dell'immigrazione (con conseguenze sulla natalità), anche se bisognerà vedere se e come la prolungata crisi economica inciderà. Ci riflettevo, parlandone giorni fa a Rabat con i parlamentari nazionali in quegli incontri interessanti di cui ho già dato qui un parziale resoconto, segnalando come proprio il Marocco sia, con 2.311 persone, equamente distribuite ormai fra uomini e donne, il principale Paese di provenienza con il 26,53 per cento sul totale degli immigrati nella nostra Valle. Aggiungendo 914 albanesi (10,49 per cento), 540 tunisini (6,20 per cento), 133 algerini (1,53 per cento), 39 egiziani (0,45 per cento) si evidenzia come la presenza dei musulmani sia molto forte e che - tolti gli albanesi che sono in Europa - i provenienti dal nord Africa sono la componente più forte. In quei Paesi, tranne l'Algeria, si è manifestato il fenomeno noto come "primavera araba" e che ha toccato anche paesi del medio e vicino Oriente. Già in passato si era riflettuto su come fare in modo che si mettesse ordine e una razionale regolazione nella politica migratoria nel limite delle possibilità concrete e con gli strumenti politici e giuridici limitati a disposizione della nostra Regione autonoma. Fondamentale appare il meccanismo di domanda e offerta di lavoro. La chiave potrebbe essere quella della cooperazione decentrata e cioè quelle azioni svolte in una logica biunivoca fra noi e un Paese in via di sviluppo, che consenta uno sviluppo locale e un "ponte" fra le due realtà. Questo potrebbe dire, ad esempio, formazione in loco, approfondita con l'esperienza di lavoro da noi che porti ad una qualificazione professionale a vantaggio di acquisizioni utili per entrambi con forza lavoro che possa operare qui e rientrare nel Paese d'origine a vantaggio del proprio sviluppo. Un modello non rigido che consenta diverse modalità d'intervento. I dati mostrano il perché della scelta del Marocco, uno Stato che si sta modernizzando, come dimostrato dalla recente Costituzione e da una vocazione filoeuropea solida, oltreché con l'utile appartenenza comune al mondo della francofonia.