Silvio Berlusconi ritorna inaspettatamente - o forse neppure troppo per chi studiava i suoi silenzi - in campo. Sarà lui, senza bisogno di primarie, il candidato premier della nuova creatura politica che sorgerà dall'ennesimo cambio d'etichetta dell'attuale Popolo della Libertà. Il prestigiatore prova un nuovo numero: risorgere dalla proprie ceneri, come la mitica Araba Fenice. E si annunciano sorprese interessanti con liste varie e marketing rinnovato. Berlusconi è davvero capace di tutto, soprattutto di cambiare amici e spin doctor, come uno Zeus capriccioso, che sembra non gradire in particolare chi lo contraddice, meglio nuovi adulatori e scaricare l'equipaggio senza mai discutere il capitano della nave. Per altro ci si doveva aspettare che sopportasse, malgrado l'anagrafe fosse un buon pretesto, di avere imboccato il viale del tramonto e neppure potesse immaginare di accettare senza un colpo di coda "il dopo di lui" politico, che significava l'ormai avviata disgregazione del centrodestra alla fine del berlusconismo e del suo leader maximo.
Invece il "Cavaliere", il "Caimano", il "tycoon di Arcore" torna in pista, dopo l'ennesima plastica e la dieta d'ordinanza, sfidando tutti, compreso chi questa volta nel partito gli aveva dato un doloroso commiato, pensando che così alla fine doveva essere per tentare un recupero dal baratro dei sondaggi. Immagino lo stato d'animo di Angelino Alfano, fuori dalle maniere educate in televisione, quando ha saputo che la successione era una promessa vana e che dunque a Berlusconi seguirà Berlusconi. Non una figlia o un figlio, ma l'originale, pronto per quella che sarà per lui - e per chi gli andrà dietro e per chi anche in Valle, lo dico con mestizia, gli sarà alleato - una rischiosa battaglia finale. Strana stagione con una politica in crisi nel cuore della crisi economica con partiti che sembrano essere sempre più distanti dai cittadini-elettori e con i tecnici che svuotano con leggerezza alcuni principi democratici come angeli algidi incoscienti dei rischi. Poi ci si lamenta che una parte importante di opinione pubblica ha fondato, senza atti formali e statuti, il più grande partito, quello del "non voto", degli astensionisti. E temo che questa musica sgradevole la sentiremo di più anche in Valle se il pluralismo delle idee verrà umiliato da logiche perverse e anacronistiche da pensiero unico. Dunque per Silvio niente pensione. Come capita per certi leader carismatici le elezioni potranno trasformarsi - e questo è sempre negativo - in un referendum pro o contro il Cavaliere. Cosa sortirà dall'attuale pentolone della politica italiana è difficile dirlo. Certo inquieta che il futuro primo partito in Italia, il Partito Democratico, passi ora a discutere di un problema che avrà certo una sua dignità, come il matrimonio per i gay, ma mi pare che le emergenze ora siano ben più grandi e visibili.