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15 dic 2011

Un quadro complesso

di Luciano Caveri

E' stato da me nei giorni scorsi un professore che sta studiando il pensiero politico "autonomista valdostano" e, per chi voglia curiosare, questo è il suo sito Internet. A me fa sempre piacere raccontare le peculiarità della nostra storia. Il professor Lluch conosce e ha studiato realtà come la Catalogna e il Québec e si sta dedicando anche alla Provincia autonoma di Bolzano. Quel che è giusto ricordare in occasioni come queste è proprio la modellistica singolare della nostra autonomia speciale, inserita certo in una storia millenaria, ma le istituzioni attuali sono relativamente giovani e sono frutto della temperie culturale e politica dell'ultimo secolo e mezzo e delle improvvise accelerazioni in particolare dal 1945 in poi. Io ho vissuto come giornalista e politico poco meno della metà di quest'ultimo percorso e per alcuni anni questo è potuto avvenire da un osservatorio privilegiato a Roma, ad Aosta e nel quadro europeo. Quel che colpiva è il mio interlocutore è il fatto che normalmente ci sono nelle realtà "minoritarie" come la nostra tre distinte "famiglie" politiche: autonomisti, federalisti e indipendentisti. Mentre da noi queste distinzioni, che Lluch vorrebbe far emergere distribuendo un questionario a larga diffusione, appaiono di difficile lettura. In effetti è proprio la storia con cui la Valle è arrivata all'autonomia speciale ad essere particolare, pensando - solo per fare un esempio - al destino stretto fra il cammino percorso da casa Savoia e che i valdostani hanno condiviso senza una reale possibilità di scegliere. O pensiamo - per fare un altro esempio - alle diverse opzioni che nel dopoguerra si sono presentare per la Valle sino al legame autonomistico emerso con l'Italia. Certo sotto il profilo dei partiti la scena è dominata dal percorso ideologico dell'Union Valdôtaine, i cui esponenti di spicco scelsero di fare politica e amministrazione nelle istituzioni ottenute, di cui pure conoscevano bene i limiti. Poi, negli anni, si evidenzia il paradosso di un quadro politico che si catalizza interamente nella logica «siamo tutti autonomisti», che a destra come a sinistra diventa una caratteristica che suona come una ricopiatura della posizione unionista, considerata come una strada per ottenere consenso elettorale. Questo processo imitativo, spesso mimetismo politico che nasconde la propria reale visione delle cose per piacere di più, obbliga l'Union a distinguersi e a riprendere quell'anima federalista che le è propria. Sapendo quanto l'esperienza della Lega abbia però degradato l'immagine del federalismo in Italia per un eccesso di "realpolitik" (tipo l'alleanza di ferro con Silvio Berlusconi) e di folklore (la grottesca vena "celtica"). Insomma: un quadro complesso che sarà complicato ulteriormente dalla crisi profonda dell'Italia e della sua identità e dall'integrazione europea che ha creato nuove idee indipendentiste di chi immagina un'adesione diretta all'Unione, sorpassando la vecchia logica statuale. Staremo a vedere.