Ognuno può pensarla come vuole sul destino, a seconda delle proprie convinzioni. Ma ogni volta che certi fatti avvengono è un argomento di riflessione e di confronto. Forse parlarne finisce per essere un modo per esorcizzare certe paure sull'imponderabile. Così la morte in diretta televisiva del giovane motociclista Marco Simoncelli, "falciato" sul circuito di Sepang in Malesia per una terribile combinazione di fattori. Ieri non si parlava di altro, anche perché il crudo realismo delle riprese televisive, nella ripetitività dei telegiornali, mostrava il dramma in tutti i suoi particolari. Il destino. Penso alle famiglie dei tre ragazzi morti bruciati nei pressi di Milano in un tamponamento a catena. Uno di loro, il ventenne Simone Montegrandi, era di Sarre ed era nella vettura con la sua fidanzatina Maria e sua sorella Sara. Immagino lo sconcerto e il dolore dei familiari per questo tremendo appuntamento con la morte e all'epoca di "Facebook" commuove vedere sul profilo del ragazzo - con le foto piene di allegria e di voglia di vivere da lui "postate" - il susseguirsi di interventi di chi lo ricorda con il linguaggio dei giovani che hanno scoperto questo nuovo modo di esprimersi. Ma penso anche a Diego Dondeynaz, sessant'anni, albergatore di Frachey di Ayas. Era a caccia sopra Champoluc quando, nel recuperare un camoscio, è caduto a dispetto della sua perizia e conoscenza del territorio. Fatalità anche in questo caso. Purtroppo non vedrà crescere i suoi due nipotini.