Anche oggi trovo inutile occuparmi del "tonfo" della Borsa, che non ha creduto nel pistolotto di Silvio Berlusconi. Troppe volte anche in Consiglio Valle avevo detto che certi ottimismi a Roma nascondevano la realtà. «Ora pro nobis» e scrivo d'altro. La normativa in Italia, malgrado gli effetti annuncio degli anni passati su di un possibile spostamento a 18 anni, è sempre la stessa e impedisce a chi abbia meno di 16 anni - codice penale alla mano - di comprare e di consumare alcolici. Nella mia esperienza giovanile, qualche anno prima dell'età "canonica", capitava un bicchiere di vino o una birra in osteria o un gin tonic in discoteca. In compagnia capitava qualche bevuta "cul blanc", intonando «Chevaliers de la table ronde» o «E bevilo, bevilo, bevilo...», causava... euforia. Non è il caso di dirsi pentiti, sarebbe ipocrita ma è proprio l'esperienza a obbligarci a trovare soluzioni contro gli eccessi. Capisco bene come non sia facile per gli esercenti e per gli organizzatori di eventi popolari affrontare frotte di ragazzi che vogliono bere. Ma, si sa, che "la legge non ammette ignoranza" o meglio non consente distinzioni arbitrarie e il "no" dovrebbe essere sempre un "no" senza "se" e senza "ma", pur sapendo che di trucchi ce ne sono a bizzeffe, come il sedicenne che compra per tutti al bar o al supermercato e chi si è visto si è visto. Ovvio che il proibizionismo da solo non basta e, tra l'altro, può affascinare nel nome della trasgressione. Così non serve solo il buonsenso di chi vende e mesce gli alcolici, ma soprattutto dobbiamo parlare con i ragazzi e spiegare rischi e danni sia degli eccessi degli alcolici sia dei mix letali con le droghe. Senza indulgere in troppi moralismi e senza dimenticare la nostra giovinezza: il dialogo per essere efficace, partendo dalla famiglia, deve avvenire con affetto e comprensione.