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29 ott 2010

Occhio alle etichette

di Luciano Caveri

E allora parliamone. Mi diverte questo fatto che io, da parte di alcuni esponenti del centrodestra locale – naturalmente in contrapposizione con chi accarezza loro il pelo dalla parte giusta – venga indicato come un pericoloso "sinistro", insomma usando il termine giusto un "comunista". Lo dimostrerebbero varie cose: tipo il fatto che sono stato europarlamentare eletto con lista apparentata tra UV e gli allora "Democratici" di Romano Prodi e anche il fatto che nel Governo D'Alema bis diventai Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Verrebbe voglia di entrare sul terreno analitico, argomento per argomento, ma preferisco fare qualche annotazione generale. Da ragazzo ho militato nella Jeunesse, ho simpatizzato su alcune battaglie sui diritti civili con i Radicali, sono stato iscritto sin da giovane all'Union e nella mia attività parlamentare, con tanti Governi, credo di aver lavorato più sui problemi concreti che sugli schieramenti. Pensate, ad esempio, che la più importante riforma del nostro Statuto, risalente al 1993, l’ho fatta con il primo Governo Berlusconi con Ministro delle Regioni la nostra "bestia nera", il cuneese Raffaele Costa. Da Presidente della Commissione Politica regionale e Trasporti nel Parlamento europeo mi sono confrontato serenamente con l’allora Governo Berlusconi e la stessa cosa ho fatto da Presidente della Regione. Per cui oggi essere dipinto come un guastatore sinistrorso contro eventuali "grandi alleanze" con la destra (il centro di Pierferdinando Casini se n'è andato da tempo…) mi fa sorridere. Perché il problema non è solo capire chi sei tu rispetto ai possibili alleati, ma chi sei tu "tout court". Ed io sono, da anagrafe, Luciano Emilio Caveri, valdostano, autonomista e federalista, che crede anzitutto nella "propria" posizione, sapendo che alleanze e amicizie sono preziosissime perché – piccoli come siamo – dobbiamo contare su un contesto di comprensione e simpatia, ma la base di partenza, lo "zoccolo duro" sono il nostro patrimonio di idee e di programmi e su questo si basa l'insieme dei rapporti. Questo patrimonio pone un valdostano di fronte a necessità tattiche e strategiche, beninteso: così è sempre stato e il dialogo è indispensabile con tutti, ma la base di partenza del confronto sta nel ritenere il proprio interlocutore in buona fede e non "bollarlo" con facilità. Io le mie etichette le conosco e disconosco quelle che, come un "pesce d'aprile", mi vogliono essere attaccate sulla schiena.