Quando nel 2003 sono tornato a far politica in Valle d'Aosta, dopo una lunga esperienza parlamentare a Roma ed una più breve e coinvolgente a Bruxelles, mai avrei pensato in quale tritacarne sarei finito. La vicenda esemplare fu addirittura nell'incipit, quando mi ritrovai il più votato al Consiglio Valle ma senza diventare Presidente. Ci fu una regia che mutò la logica degli eventi e la normalizzazione, due anni dopo, finì per raddrizzare la vicenda ma con strascichi nocivi per chi scrive. Un giorno me ne occuperò con il distacco necessario, sapendo che ogni esperienza rafforza e che non bisogna mai fidarsi delle apparenze in un mondo, quello politico, dove nulla è mai certo. Ma il peggio non è stato questo, quel che è stato nefasto è che dal 2003 mi sono trovato investito da una pioggia acida fatta di articoli disonesti, esposti menzogneri, blog schifosi, lettere ributtanti. Un insieme di cattiverie calunniose e spesso oscene su di me nel pubblico e nel privato, allargando il cerchio fetido alla mia famiglia. Quando ho letto certe cose, anche se ho sempre reagito mantenendo il sangue freddo nella speranza ormai reale che alla fine la giustizia colpisse, ne ho sofferto, perché la calunnia è un gioco al massacro che lascia una scia di maldicenze. D'altra parte è triste ma realistico ricordare la celebre frase di Alexis de Tocqueville: "En politique, la communauté des haines fait presque toujours le fond des amitiés". Non sono una persona perfetta, ma ritengo che l'onestà personale sia un punto di partenza (e di arrivo, quando si finisce) nella vita pubblica e la trasparenza dei comportamenti l'unico antidoto contro i veleni. Ecco perché plaudo a certe condanne che si susseguono contro la campagna diffamatoria e chi è stato condannato fa bene a sperare nell'appello o nella Cassazione, ma nessuno può impedirmi di gioire per le sentenze già emesse.