La manovra finanziaria dello Stato assumerà sembianze certe solo tra qualche settimana, quando allo scadere del decreto legge il Governo porrà la fiducia e il testo sarà quello definitivo. Fa sorridere in queste ore il tentativo di indorare la pillola, rilanciando la "liberalizzazione" delle imprese, quando molte sono alla canna del gas. Per le Regioni a Statuto speciale il conto è molto salato e rientra in quel filone di pensiero «hanno troppi soldi» che ci accompagna come una maledizione da almeno vent'anni. Ho partecipato, nei diversi ruoli, a questa commedia annuale da cui siamo sempre usciti bene: in sostanza si accettavano nuove funzioni e competenze, subendo i limiti del "Patto di stabilità" (con cui è bene non fare i furbi), ma senza toccare il principio cardine del riparto fiscale, oltretutto "blindato" con norma d'attuazione. Mi pareva, oltretutto, ma forse sono duro di comprendonio, che l'accordo con il PdL ad Aosta venisse spiegato come una "messa in sicurezza" in vista del federalismo fiscale, direi con una certa sfiducia nei nostri diritti. Ora, invece, la batosta è arrivata piuttosto a freddo e senza una vera logica. Questo significherà togliere tutto il superfluo e attaccare scientificamente quei settori dell'Amministrazione i cui costi sono aumentati troppo. Un'operazione dolorosa ma necessaria e con le cifre non si scherza: basta fare raffronti negli anni per capire dove toccherà intervenire.