I commenti del dopo elezioni sono sempre all'insegna della varietà. Esistono cifre e seggi, sindaci e "trombati", cambi di amministrazioni e continuità: apparentemente un'aritmetica politica che non dovrebbe consentire di sgarrare. Ma, per fortuna, la politica è fatta di fantasia e i commenti non sono cartesiani, ma seguono un ritmo che definirei musicale e ognuno la musica se la sceglie come se la sente nel cuore. Sullo scacchiere dei 68 Comuni, messa da parte Aosta, bisognerebbe dedicare uno spazio per ciascuno perché ci sono delle dinamiche interne non sempre comprensibili. Direi grossolanamente che quel che è macroscopico è quanto già scrivevo ieri, visto dall'angolatura dell'UV, con più e meno, ma con la conferma innegabile di una centralità del Mouvement. Quel che è sicuramente meno è la presenza territoriale di Alpe: basta scorrere le liste da loro sponsorizzate sul loro giornale per vedere che la "Caporetto" c'è stata e che il matrimonio con i Verdi è stato un disastro. Guardando Aosta - e partendo da Alpe - vale lo stesso ragionamento, con l'aggiunta dei Verdi che si sono mangiati le altre componenti, quelle "autonomistiche", nella rappresentanza all'Hôtel de Ville. Salta all'occhio il risultato della Stella Alpina che, teoricamente, doveva vedersi ridimensionata dall'accordo con il PdL e invece è uscita rafforzata, mentre proprio i nuovi partner della maggioranza comunale (avevo scritto "regionale", ma era freudiano...) hanno avuto un risultato inferiore alle attese. Il PD vive la crisi nazionale e un'identità ancora confusa. L'UV ha vinto le elezioni aostane, ma con componenti "nuove" che hanno pesato sul successo con una forte riduzione di voti "tradizionali". Per cui il dialogo interno risulta oggi ancora più indispensabile.