Uno degli elementi di maggior tensione con il mondo musulmano - tante volte ne abbiamo discusso anche in Valle - sta nel rischio che gli imam, nella loro predicazione, si occupino di politica, facendo prevalere quella logica d'integralismo religioso che nega quel principio sacrosanto di divisione fra "chiese" (o si potrebbe dire "confessioni religiose" come da articolo 8 della Costituzione) e Stato. Questo perché i nostri principi democratici rifuggono la logica "teocratica", che concerne parte dell'Islam e che da "Zanichelli" vuol dire: "sistema di governo in cui l'autorità politica, vista come emanante da Dio, è esercitata dal potere religioso (una casta sacerdotale o un monarca con caratteristiche di divinità)". Ecco perché sono stupito che la Conferenza episcopale italiana dia, nella sostanza, indicazioni di voto pesanti ed esplicite - vera "scelta di campo" - con comunicati ufficiali e prolusioni, prendendo di fatto partito. Nessuno nega a nessun cittadino italiano, vescovi compresi, di esprimersi sul quadro politico (e non scomodo il pur significativo "non possumus" di Pio IX), ma se ci esprime non a titolo personale per la Chiesa italiana una certa cautela sarebbe preferibile perché in Italia i cattolici tradizionalmente attraversano gli schieramenti. Ce lo potrebbero raccontare gli "unionisti scomunicati" dal vescovo Maturino Blanchet, perché alleati con i comunisti alla fine degli anni Cinquanta. Ciò credo rimanga nel Dna.