Quando ho scelto, in momenti difficili e talvolta sgradevoli sul piano personale, di restare nell'Union Valdôtaine, cui devo naturalmente ruoli importanti e possibilità straordinarie nella mia carriera politica, l'ho fatto nella certezza che le battaglie politiche vanno combattute all'interno, superando la spiacevole sensazione di sentirsi male a casa propria. Ho aderito da giovane all'Union nel solco di una solida tradizione familiare e questa appartenenza mi ha sempre trattenuto da scelte drastiche di rottura. Ritengo ancora oggi prevalente la necessità di restare uniti, ma ciò deve avvenire nel rispetto delle diverse personalità e delle differenti idee che convivono in un "partito di raccolta" in cui identità e territorialità sopravanzano la logica meramente ideologica.
Spero di non dovermi pentire mai di questa decisione o di doverne addirittura assumere una diversa rimangiandomi quanto detto, trovando appunto che gli spazi di discussione nel mio Mouvement talvolta si siano fatti così esigui da essere uno spiraglio e certi richiami pomposi al confronto paiono più di stile che di sostanza e la democrazia non può mai essere il suo simulacro perché altrimenti si rischia il ridicolo. Tutto ciò detto non posso che ribadire quanto male abbiano fatto i transfughi ad andarsene. Capisco le ragioni personali, prendo atto delle scelte collettive, guardo con rispetto i contenuti, mi lasciano di stucco certe alleanze (tipo il recente "Alpe" con l'embrassons-nous con i Verdi). Alla fine la battaglia interna sarebbe stata più utile per la Valle d'Aosta.