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03 set 2009

Ted Kennedy

di Luciano Caveri

Nella vita di ciascuno di noi ci sono due livelli: uno consapevole e uno inconsapevole. Mentre del primo fa parte, ad esempio, il bagaglio culturale - inteso come studi e letture - che piano piano accumuliamo, il secondo - che finisce sempre per avere un carattere culturale - è composto da quell'insieme di fatti ed emozioni che si stratificano nel tempo. La notizia, questa mattina alla radio, della morte dell'"ultimo" Kennedy, Ted, che era un politico importante pur vittima del confronto impossibile con il mito dei due fratelli, sembra per la mia generazione la fine di un'epoca. Quando penso a quale memoria ho della mia infanzia, devo dire che gli omicidi - a distanza di soli cinque anni - di John e Robert Kennedy li ricordo benissimo proprio per le emozioni che suscitarono attorno a me. Erano anni molti diversi dagli attuali e ciò non credo sia solo dovuto al pensiero soggettivo che collega l'epoca giovanile in genere ad un periodo gioioso, ma alla constatazione che quegli anni Sessanta erano ancora anni di grande dinamismo sulla spinta di generazioni che avevano vissuto gli orrori della guerra e in quegli anni dispiegavano le ali con entusiasmo non sempre rinvenibile oggi.