Dico io: ”Mi piacciono i leoni!”.
Risposta: ”Bella forza, sei valdostano!”.
Così potrebbe commentare qualcuno, pensando al simbolo ufficiale della Regione autonoma, che ho avuto l’onore di esibire all’occhiello per così tanti anni. E lo mantengo sempre nel simbolo del mio Movimento politico, l’Union Valdôtaine, che ha anche al suo interno il rosso e il nero, colori araldici tradizionali della Casa di Savoia fatti propri nella bandiera dell’Autonomia Speciale, che ufficializzai con legge regionale nel 2006.
Il già citato leone deriva direttamente dallo stemma dei Savoia-Acaia, la dinastia che dominò il territorio valdostano nel Medioevo e poi accompagnò la Valle - anche attraverso il Duché d’Aoste - sino al 1945 con la prima Autonomia del Decreto del Luogotenente del Regno, Umberto di Savoia, che fu Re per soli 34 giorni.
Ma di leoni come simbolo ne ho trovati dappertutto nei miei viaggi, che fossero civiltà antiche , simbolistica cristiana, araldica europea. È sempre simbolo di potere, nobiltà, coraggio, sovranità nelle molte pose “codificate” (rampante, passante, coronato, leone leopardito, leone seduto, dormiente, codato, armato…).
Trovo utile - per centrarlo bene nella storia valdostano - ricordare la locuzione latina "Ex Ungue Leonem", che significa letteralmente “dal'unghia [si riconosce] il leone".
Espressione usata per indicare che è possibile giudicare l'intero da una piccola parte, ovvero riconoscere la grandezza o la natura di qualcosa (o qualcuno) da un dettaglio minimo ma rivelatore. È un proverbio classico che dovrebbe enfatizzare l'acutezza dell'osservazione e la capacità nel valutare la qualità complessiva.
Come quasi sempre in questi motti, la frase deriva dall'antica Grecia e fu adattata in latino. La sua prima attestazione nota è in un frammento del poeta comico greco Alceo di Mitilene (VII-VI secolo a.C.), citato da Plutarco (I-II secolo d.C.). In greco antico con la bella grafia: “εξ όνυχος τον λέοντα”.
Plutarco racconta un aneddoto: un artigiano egiziano, vedendo solo l'unghia di una statua colossale di un leone commissionata dal re d'Egitto, ne dedusse con precisione le dimensioni totali dell'animale. Questo episodio illustra come un esperto possa "ricostruire" il tutto da un frammento.
La versione latina ”ex ungue leonem" appare con lo stesso significato per la prima volta in Plinio il Vecchio (23-79 d.C.). Torna poi, sotto diverse forme, nel Medioevo e nel Rinascimento sino all’Età Moderna.
Oggi, pensiamo al caso giudiziario e forense di Garlasco, il detto può servire a chi ricostruisce degli scenari partendo dal minimo indizio, come il famoso DNA!
Personalmente mi piace pensare che questa famosa unghia del leone serva a distinguere nella politica valdostana chi è davvero autonomista/federalista da chi usa travestimenti o camuffamenti per “vedere l’effetto che fa”, come diceva una celebre canzone di Enzo Jannacci.
Ma, per tornare serio per aiutarci a distinguere, come non citar il brano completo del leone nell’Inferno di Dante Alighieri (Canto I, vv. 31–54): che è una delle tre fiere che ostacolano il cammino di Dante verso il colle illuminato dal sole (simbolo della salvezza e della virtù).
Ecco la descrizione: ”la vista che m’apparve d’un leone/ Questi parea che contra me venisse/ con la test’ alta e con rabbiosa fame,/ sì che parea che l’aere ne tremesse”.
Ammonimento - valido per ciascuno - affinché il Leone non pecchi mai di Superbia!