C’è un momento in cui, con un passaggio graduale o con uno scatto improvviso, l’autunno inizia a salutare per poi andarsene.
E sta arrivando lui, l’inverno, anche se ufficialmente manca ancora un po’ di tempo all’inverno canonico. Anzi, bisogna essere precisi e dire che non è proprio così! Ci sono, infatti, due “date” principali per l’inizio dell’inverno perché esistono due modi diversi di definire l’inizio della stagione:
Esiste l’inverno astronomico, ail più “ufficiale” dal punto di vista scientifico). Comincia con il solstizio d’inverno, cioè il giorno dell’anno con meno ore di luce.
Nell’emisfero nord cade il 21 o 22 dicembre (nel 2025 sarà il 21 dicembre alle 10:03 ora italiana).
È quello il momento in cui il Sole raggiunge la minima altezza sull’orizzonte e da lì ricomincia lentamente a “salire”.
Attenzione, però, perché abbiamo anche l’inverno meteorologico o climatologico. In questo caso la data
Inizia sempre il 1 dicembre e finisce il 28/29 febbraio.
I meteorologi usano questa data fissa per tre motivi pratici. È più comodo per fare statistiche e confronti anno per anno (mesi interi, senza date che cambiano). A dicembre il freddo è già ben avviato nella maggior parte d’Europa e Nord America. Permette di avere stagioni di esattamente 3 mesi ciascuna.
La parola inverno deriva dal latino hibeˇrnum (sottinteso tempus, cioè tempo), che significa "stagione del freddo" o "stagione invernale". Deriva dall'aggettivo latino hibeˇrnus ("invernale"). A sua volta, hibernue è affine a hiems, che significa "inverno" o "freddo". In sostanza, il significato originale della parola è strettamente legato al freddo e alla stagione rigida.
Ma esiste anche un’altra curiosità da svelare. L’espressione “Generale Inverno” (o “General Winter” in inglese) - che immagino tutti abbiano sentito - è una personificazione metaforica del rigido inverno russo, spesso considerato un “alleato” strategico nelle guerre che hanno coinvolto la Russia, in quanto ha contribuito a sconfiggere eserciti invasori grazie alle condizioni climatiche estreme. Il termine è nato nel 1812, durante la campagna di Russia di Napoleone Bonaparte, e apparve per la prima volta in una vignetta satirica britannica intitolata “General Frost shaving little Boney” (il Generale Gelo che rade il piccolo Boney, soprannome di Napoleone), a simboleggiare come il freddo avesse “raso al suolo” l’armata francese.
Siamo nel 1812 e lq Grande Armée francese invase la Russia, ma il ritardo nella ritirata coincise con l’arrivo dell’inverno. Temperature sotto i -30°C, bufere di neve e mancanza di rifornimenti causarono la morte di centinaia di migliaia di soldati. Solo circa il 20% dell’esercito sopravvive, e Napoleone stesso attribuì parte della sconfitta al clima, alimentando il mito del “Generale Inverno”.
Copione confermato durante la Seconda Guerra Mondiale fra il 1941 e 1942). Durante l’Operazione Barbarossa, l’esercito nazista di Hitler subì un destino simile. L’inverno russo fermò l’avanzata tedesca alle porte di Mosca, con gelate che resero inutilizzabili armi e veicoli non preparati al freddo estremo.
Questi eventi colpirono anche l’ARMIR (acronimo di Armata Italiana in Russia), le forze militari del Regio Esercito italiano inviata sul fronte orientale durante la Seconda Guerra Mondiale a fianco delle forze tedesche contro l’Unione Sovietica a causa della scelta di Mussolini che voleva partecipare alla prevista “vittoria finale” contro l’URSS. La distruzione dell’ARMIR rappresentò la più grave sconfitta militare della storia italiana del Novecento.
A esempio ricordo la tragedia del Battaglione sciatori “Monte Cervino. Durante la ritirata dei soldati italiani, il Battaglione fu praticamente sacrificato in una serie di azioni di retroguardia. Dei circa 700 uomini partiti per la Russia, ne tornarono in Italia solo 31. Il clima è stato visto per la riconquista sovietica come uno dei fattori decisivi.
L’espressione ”Generale inverno” è rimasta in uso per descrivere l’impatto del clima nelle guerre sul fronte orientale, o più in generale per indicare difficoltà causate dal freddo invernale.
Come spesso capita, dal linguaggio guerresco l’espressione si è accomodata nell’uso civile, quando l’inverno picchia duro. Ma forse nell’uso quotidiano se ne sono spesso perse le origini.