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23 lug 2025

Ah! Le discoteche…

di Luciano Caveri

Difficile far capire che cosa sia stata la discoteca per le generazioni degli adolescenti negli anni Settanta del secolo scorso.

Lo scrittore Pier Vittorio Tondelli in pochi flash: ““La musica batteva dritta, le luci strobo frustavano il buio, i corpi ondeggiavano. Era la solita serata, eppure ogni volta sembrava che il mondo ricominciasse da lì, dalla pista, dal basso, da un bassdrum che ti faceva vibrare le viscere”.

Aggiungerei il ruolo relazionale, un cimento che era un passaggio di età, del “lento”, quando d’improvviso calava il buio e spuntava la luce di Wood, che sfruttava il fenomeno della fluorescenza.

Per capire cosa è stata la discoteca, basta che i ragazzi di allora - che leggono qui - adoperino, per ciascuno dei territori da loro battuti all’epoca, la mappa mentale dei locali frequentati.

Non è un esercizio nostalgico - perché ogni tempo ha i suoi comportamenti - ma piuttosto sociologico, perché cartina di tornasole dei cambiamenti, di cui prendere atto.

Quando capita, anche in Valle d’Aosta, di discutere di quei decenni, che si sono ancora affacciati in questo attuale millennio, siamo tutti d’accordo nella riflessione su certi ricordi.

Un amarcord gioioso, oggetto di riflessione sui tanti perché ad un certo punto il fenomeno si sia quasi spento del tutto, guardando allo scenario attuale e ai ragazzi di oggi.

Chi scrive del tema negli ultimi anni conferma che la chiusura delle discoteche è una constatazione inoppugnabile e così gli incassi in riduzione per chi resiste, affrontando norme sempre più complesse, ad esempio in tema di sicurezza.

Trovo un intervista interessante su Riminitoday e mi vien da sorridere a pensare a che cosa abbia rappresentato la notte nelle discoteche per l’economia romagnola.

A descriverlo a Vanessa Zagaglia a Katiuscia Giordano, psicologa esperta in comunicazione e operativa appunto a Rimini.

Sembrano i miei rimbrotti quotidiani all’adolescente che ho in casa e che richiamo spesso al dovere della socialità, ricevendo in cambio barbottii e stridii.

Ecco: ”La nostra iperconnessione tecnologica ci dà l’illusione di essere sempre legati agli altri, ma in realtà ci stiamo allontanando dalle relazioni autentiche e appaganti Questo processo invisibile rischia di indebolire il tessuto sociale e aumentare la fragilità emotiva delle persone”.

Giusto: mi pare che questa compressione delle amicizie vis à vis e la difficoltà di avere compagnie dal vivo passa anche- ne capisco la marginalità, ma è l’aria dei tempi - dal venir meno della rete socializzante delle discoteche, ridotte a poca roba.

Dice ancora la psicologa: ”Un tempo simbolo di aggregazione e divertimento, negli anni Ottanta e Novanta le discoteche erano l’epicentro della socialità giovanile, luoghi in cui il contatto diretto e l’esperienza condivisa erano al centro della vita sociale. Oggi, invece, sono sempre meno frequentate. La digitalizzazione ha trasformato il modo in cui le persone socializzano”.

Quindi, in realtà, le discoteche con la musica e il ballo, finiscono per essere interessanti proprio come simbolo di cambiamento.

La discoteca non è più il cuore della cultura giovanile di oggi e prenderne atto è una fotografia del presente.

Resta qualche pensiero dal passato del rimpianto Umberto Eco: “Le discoteche sono spesso criticate come luoghi di superficialità, ma per molti giovani sono un rifugio, uno spazio dove la pressione sociale si allenta e si può essere ciò che si vuole, almeno per una notte”.