Sono molto divertito quando, nella polemica politica, mi sento dare del “dinosauro” e cioè di chi appare ormai così datato da essere comparato ai celebri animali estinti.
Mi pare giusto, nel caso, capire di quale specie.
Mario Draghi, che non ha bisogno di presentazioni, nel 2024, in un discorso sul futuro dell’Unione europea, ha detto: “Bisogna decidere se vogliamo essere carnivori o erbivori” e la metafora appare chiara. I carnivori sono Paesi capaci di difendere i propri interessi, investire in innovazione, competitività e difesa, mentre gli erbivori sono Paesi passivi, dipendenti da altri, senza capacità di influenza, strumenti di sviluppo e di difesa.
Se applicato a chi vi scrive, vorrei perciò essere annoverato fra i carnivori. Non mi sento di compararmi ad un feroceTyrannosaurus rex e i Velociraptor mi fanno senso, per cui – se proprio devo scegliere qualcuno – allora vestirei i panni del Carnotaurus, a parte le corna sopra gli occhi.
Spero che il mio cammino politico mostri, anche ai detrattori, come sempre ispirato ad una certa combattività nel lavoro a servizio della Valle d’Aosta e non solo.
Alla fine, mondata di cattiverie e dicerie, il vero patrimonio da difendere per chi faccia politica si riassume in una parola importante, che è “fiducia”.
Lo diceva bene Piero Calamandrei: “La democrazia è una conquista quotidiana che si realizza anche con il voto: un atto di fiducia e di responsabilità”. Risalendo al passato c’è una frase molto simile di John Locke: “La fiducia del popolo nei suoi governanti è l’unico vero fondamento del governo”.
La parola "fiducia" deriva dal latino fiducia, che a sua volta è un derivato del verbo fidere, che significa "fidare, confidare". È interessante notare come in latino fiducia avesse un significato più ampio rispetto all'italiano attuale, includendo anche concetti come "coraggio, sicurezza" e, nel lessico legale, "pegno, garanzia".
È importante distinguere "fiducia" da "fede". Sebbene entrambe le parole condividano la radice latina (fides significa "fede, convinzione, credenza"), la fiducia si riferisce più a un atteggiamento pratico e concreto, basato su una valutazione positiva di fatti o circostanze, mentre la fede si lega a un abbandono a entità invisibili e ad una realtà trascendente.
In francese si usa, invece, e lo trovo molto evocativo, il termine “confiance”, dal latino confidentia. Facile capire la parola che unisce “cum”, prefisso che significa “con” o “insieme” con fodere che vuol dire “fidarsi” o “contare su”.
Evidente la familiarità che esiste nelle lingue neolatine.
Interessante che anche in inglese, lingua da cui deriva il diritto parlamentare si dica il passaggio che fa nascere i Governi “vote of confidence”, voto di fiducia, quello di cui – in maniera crescente – abusano gli Esecutivi in Italia.
Essendo dunque un dinosauro carnivoro per esplicita ammissione, che dunque non prevede di essere vegetariano e vegano, trovo tuttavia che la fiducia sia davvero il fondamento più profondo in una democrazia, che è tale quando esiste un suffragio universale libero.
Mi veniva da scrivere anche “partecipato”. L’astensionismo, infatti, c’è sempre stato e sarebbe da ingenui stupirsene. Esiste, tuttavia, un tasso al di sotto del quale sono le fondamenta di una democrazia che traballano.
Osservava Luigi Einaudi nel dopoguerra: “Il suffragio universale è una conquista recente e fragile. Disprezzarlo con l’astensione è uno schiaffo alla storia”.
Si cita spesso, rispetto al disinteresse e di fatto alla sfiducia (torniamo sul punto) dei cittadini verso la politica, un brano di Antonio Gramsci: ”Odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della Storia. L’indifferenza opera potentemente nella Storia. Opera passivamente, ma opera”.