Sono ormai molti anni che frequento le Istituzioni europee e ritengo di essere stato fortunato a poter fare questa esperienza.
È stato per uno scatto significativo, che ha forgiato una parte di me, rendendomi più consapevole.
Dico sempre delle straordinarietà dell’esperienza al Parlamento europeo e poi, ormai per tanti anni, al Comitato delle Regioni.
Ho imparato a conoscere i meccanismi, le regole, le abitudini e tutto quanto consente - per chi voglia farlo - un accumulo di esperienze che mi è servito molto.
Nessuno, come si dice scherzosamente, nasce "studiato” e considero un privilegio aver potuto imparare tante cose e a metterle in pratica con la speranza di poter trasmettere il più possibile quanto appreso.
Aggiungo che mi è stata certamente utile la lunga esperienza precedente da deputato a Roma, senza la quale sarei stato come smarrito in un contesto europeo che è certamente complesso.
A chi nega l’importanza dell’integrazione europea - che è attitudine di più di quanti si creda - un tempo rispondevo sforzandomi di essere persuasivo, mentre oggi evito di perdere tempo con chi ha pregiudizi e ignoranza.
Ancora oggi, dopo tanti anni dai primi approcci con Bruxelles e Strasburgo. città emblematiche che ho potuto conoscere, provo un vero e proprio entusiasmo e una sincera passione per l’Unione europea.
Sono sentimenti che non nascondono affatto quanto non funziona nell’Unione europea. Anzi! Proprio quando si ammira qualcosa e ci si sente compartecipi, allora scatta la giusta richiesta che tutto funzioni come si deve.
Ma, ancor prima delle Istituzioni e dei loro meccanismi di funzionamento, vengono le persone e loro sono importanti. Ne ho conosciute tantissime e grazie a loro ho cancellato tanti pregiudizi e imparato come cose.
Proprio dalla loro frequentazioni ho capito come esista quel fondo comune che cementa l’identità europea. Nel 2000 - e mi pare non sia patrimonio comune - venne adottato motto dell’Unione Europea “Unita nella diversità”, che in latino - che resta lingua universale - si traduce ufficialmente con ”In varietate concordia”.
Facile capire esprime l’ideale secondo cui, nonostante certe differenze di culture, lingue e tradizioni tra i popoli europei, gli Stati membri dell’Unione europea possono, anzi devono, lavorare assieme.
Mai come in questo momento l’Europa ha un ruolo politico e bisogna capirsi bene al proprio interno per reagire all’evidente crisi della democrazia nel mondo e ai conflitti feroci di guerre che addolorano e spaventano.
Proprio poche ore fa, in una discussione franca in seno al gruppo parlamentare di Renew Europe cui appartengo, sul futuro dell’Unione e della politica di coesione mi sono reso conto di una consapevolezza che deve permeare i passaggi necessari in questi anni.
I Paesi dell’Est e Centro Europa confinanti con la Russia sono terrorizzati dall’espansionismo russo e dalla difficoltà nostra - altri Paesi europei - di capire fino in fondo che cosa provano. Il riarmo, criticato da molti e specie da certo pacifismo salottiero che si fa barricadiero, è una risposta logica che va compresa non solo in termini politici ma umani.
Quando capita, com’è capitato a me, di ascoltare testimonianze sulla guerra di difesa degli ucraini si ha la piena consapevolezza della follia del disegno imperialista di Putin e del popolo russo, che segue il dittatore in questo disegno pericoloso per l’Europa.
Bisogna evitare che l’Unione europea mostri l’esistenza di crepe nella necessaria politica comune e chi sottostima la Russia - che sia in buona fede o prezzolato - deve guardare in faccia la realtà.
Questo è un passaggio vitale.