Ci sono in Consiglio Valle - e lo dico da parlamentarista convinto - una serie infinita di interrogazioni, interpellanze, mozioni, risoluzioni e ordini del giorno, che tornano in molti casi in maniera così ripetitiva da lasciare perplessi.
Questo somiglia in parte al dibattito politico italiano, che si sofferma sulle stesse cose per settimane e spesso si tratta di quisquilie rispetto a temi colossali che si affrontano, invece, distrattamente.
Di fronte a certe logiche da partito preso, polemiche infinite, tesi mille volte respinte con ragione che tornano all’infinito, spesso mi chiedo se non si finisca non solo per ledere il sacro e serio rapporto fra maggioranza e opposizione, ma anche per inaridire il confronto politico sulle cose, che è roba seria.
C’è chi non vuole questo, non ascolta chi argomenta in risposta a domande, su accanisce sulle proprie tesi in maniera cieca, ideologica e persino petulante.
Allora, vien da dire, che varrebbe la pena di imbracciare degli strumenti, che riporterebbero coi piedi per terra avversari che parlano solo ai propri tifosi-elettori e non alla ricerca - perché a questo servirebbe la politica - di soluzioni di compromesso che si ottengono con rinunce e non con comizietti.
Mi riferisco, anzitutto, al Rasoio di Hitchens, che è è un principio epistemologico formulato dal giornalista e polemista Christopher Hitchens, nato britannico e naturalizzato americano.
Questa la tesi: “Ciò che può essere affermato senza prove può essere anche rifiutato senza prove.”
Insomma: se qualcuno fa un’affermazione senza fornire prove o argomentazioni a supporto, non è necessario fornire una confutazione dettagliata. Si può semplicemente rifiutare l’affermazione con la stessa facilità con cui è stata fatta.
Ricorda in qualche modo è per praticità, evitando di perdere tempo, il Rasoio di Occam, che suggerisce di non moltiplicare le ipotesi inutilmente, e si collega al principio dell’onere della prova: chi afferma qualcosa ha il dovere di dimostrarlo.
Altra strumentazione utile è la “teiera di Russell”, proposta dal brillante filosofo e matematico Bertrand Russell e serve per illustrare il concetto di onus probandi (onere della prova) e il problema delle credenze ingiustificate. Ragionamento applicabile alla politica.
Russell immaginò la presenza, in orbita tra la Terra e Marte, di una piccola teiera, cosi minuscola ovviamente da non poter essere rilevata da nessun telescopio. Fece a proposito questa spiegazione: se qualcuno gli chiedesse di dimostrare l’esistenza di questa teiera e lui rispondesse che, in assenza di prove contrarie, si dovrebbe credere alla sua esistenza, il suo ragionamento sarebbe fallace.
L’idea centrale è che l’onere della prova spetta a chi fa un’affermazione straordinaria, non a chi la contesta. Insomma: si possono trovare buone ragioni, compresa la scelta del silenzio o il rapido respingimento senza troppi giri di parole, di chi pesta insistentemente gli argomenti nel mortaio al solo fine di dimostrare di esistere in polemica perenne su qualunque cosa.
Para destruens senza quella construens.
Ricordo che pars destruens è la parte critica, che demolisce. La pars construens è la parte costruttiva, che propone nuove idee o soluzioni.
Se si ha solo una pars destruens, si rischia di rimanere in una posizione puramente negativa, senza contribuire attivamente al progresso del dibattito o alla costruzione di eventuali alternative.
È facile distruggere idee o azioni altrui, più difficile costruirne di nuove.