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18 feb 2025

Differenza fra Istituzione e Partiti

di Luciano Caveri

Per chi fa politica ci sono alcune regolette che prescindono dalle appartenenze partitiche e conoscerle giova alla qualità del dibattito.

Purtroppo non esistono percorsi di avviamento, che consentano di conoscerle e di capirne i meccanismi. Ma qualche ripasso andrebbe fatto nella evidente miopia di chi si muove scompostamente. Uso un termine leggero, perché forse con certi individui bisognerebbe usare epiteti più forti. Non bisogna scadere, tuttavia, nella medesima…melma. Mi riferisco in particolare a chi si stupisce che le Istituzioni repubblicane si parlino. Lo fanno perché è un loro dovere, che va al di là di quello che si chiama “amichettismo”.

L’amichettismo è un termine colloquiale usato per descrivere un atteggiamento di favoritismo basato su rapporti di amicizia piuttosto che sul merito o sulle regole codificate.

Un caso di scuola è l’idea che un Ministro dovrebbe parlare solo con i propri sodali locali e qualunque azione debba svolgere lo debba fare solo con amici o con gli amici degli amici.

Sogno o son desto? Invece c’è chi, anche nella piccola Valle d’Aosta, ritiene che le Istituzioni siano roba sua, quando a governare a Roma sono suoi amici di partito (non uso il termine tabù di “compagni”). Dunque - così pensa - spetterebbe a lui fare il pontiere nella logica dell’inchino con Roma.

Provo, con pazienza e persino un po’ divertito, a spiegare di che cosa si tratti. Nei miei ruoli istituzionali, mantenendo le mie idee e le mie convinzioni che mi hanno fatto aderire ad una area politica (nel caso mio l’area autonomista), ho sempre dialogato con tutti, prescindendo dalla casacca di appartenenza.

Da deputato valdostano e poi nelle esperienze successive, ad esempio come parlamentare europeo o Presidente della Valle, ho incontrato e lavorato con Ministri o altri esponenti, prescindendo dai loro colori politici. Gli eletti rappresentano la loro comunità di appartenenza nel senso più largo possibile e, pur vedendo spesso le cose da diversi punti di vista, schieramenti differenti hanno il dovere di confrontarsi sui problemi reali, cercando una soluzione ragionevole. Evitando, se possibile, la logica dello scontro continuo e della perenne campagna elettorale, perché smorzare i toni non è una sconfitta e cercare le migliori soluzioni nel confronto reciproco è un obbligo, che bandisce il linguaggio guerresco e volgare.

Solo in regimi autocratici o peggio nelle dittature le cose vanno diversamente e si aiutano gli amici e si puniscono i nemici-avversari. Una logica tribale che nulla ha a che fare con la democrazia, che è fatta di meccanismi di garanzia e di controllo, sapendo che il gioco fra maggioranza e opposizione ha limiti di buonsenso. Non si deve cadere in quella quella che Thomas Hobbes chiamava “Bellum omnium contra omnes”. Vale a dire “la guerra di tutti contro tutti”, caratteristico dello stato di natura, che danneggia anche le comunità che piombano in una conflittualità permanente.

Così, nel caso della nostra Regione autonoma, la leale collaborazione fra Istituzioni e in particolare lo Stato non è un piacere fatto ad un amico, ma un dovere sancito dalla Costituzione e ribadito in sentenze esemplari della Corte Costituzionale. Altrimenti si tornerebbe alle manganellate, all’olio di ricino, alla galera e ai campi di rieducazione. La violenza che si esprime anche in certi comunicati stampa, in cui non si afferma la propria posizione, ma si manifesta un odio per il nemico, che crea crepe nella società e danneggia la logica del confronto nelle sedi istituzionali.

Nessuno reclama un bon ton o l’educazione nei rapporti, che pure sono preziosi, ma almeno bisogna smorzare i toni e la polemica sterile.

Ricordo che non siamo nell’epoca dei Podestà o dei Federali, che comandano al posto degli eletti. Per cui chi pensa di tornare a certe epoche nefaste vada a leggersi la prima parte della Costituzione e anche quella che concerne i rapporti fra i diversi livelli di governo e forse capirà l’antifona.

Esistono tanti modi per fare Politica e ho visto passare sotto i ponti e scomparire un sacco di politici che erano convinti che solo il dileggio e il ricatto fossero l’arma utile per affermarsi. Perché non faccio dei nomi? Sarebbe solo pubblicità.