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25 nov 2024

Cinquestelle al tramonto

di Luciano Caveri

In queste ore sparisce di fatto il Movimento Cinque Stelle. Quello che appare come un passaggio epocale nella retorica di Antonio Conte è in realtà un funerale della creatura inventata da Beppe Grillo.

Nella più classica delle storie politiche il delfino, misteriosamente spuntato dal nulla e salito senza merito alcuno a Palazzo Chigi, ha ucciso il Fondatore.

Grillo, che ha alternato in questo processo di spodestamento momenti di attivismo e altri di pigrizia, si è trovato vittima di una straordinaria democristianizzazione del suo MoVimento (lo si doveva scrivere così con la V svettante, che dovrebbe elegantemente ricordare il Vaffa). Tutte le basi demagogiche e populistiche, spesso violente e volgari, sono finite nelle mani di questo avvocato con la pochette e il ciuffo svettante, dall’eloquio al limite del ridicolo con punte di strafalcioni.

Eppure si è mangiato Grillo, che ricorda il Grillo Parlante di Pinocchio. Nel racconto di Carlo Collodi, il Grillo Parlante è un personaggio simbolico che rappresenta la coscienza e la saggezza. Tuttavia, la sua sorte è piuttosto drammatica e sorprendente rispetto alle versioni più edulcorate della storia, come quelle dei film di animazione.

All’inizio della storia, il Grillo Parlante tenta di dare a Pinocchio dei saggi consigli sul comportamento corretto, ammonendolo riguardo ai pericoli di una vita irresponsabile. Pinocchio, però, non apprezza queste parole e, in un impeto di rabbia, lancia un martello contro il Grillo, uccidendolo.

Più o meno quel che è capitato al Grillo in carne ed ossa, che prima con spirito bonario e poi con vis polemica sino al dileggio e all’attacco violento aveva cercato di fermare Conte.

Si può escludere che ci possa essere la rappacificazione e la storia non sarà come quella del Grillo Parlante, che non scompare del tutto dalla storia inventata da Collodi, quando ritorna successivamente come spirito o apparizione, continuando a guidare Pinocchio nel suo cammino verso la redenzione.

Qui di redenzione non credo che ci sarà un bel nulla. Anzi, Conte - almeno per ora - è riuscito a contare (mai verbo fu più adattato), ottenendo dal PD - con il “campo largo” - un grande disconoscimento politico, malgrado la sua evidente ambiguità degna di Pinocchio.

Grillo potrà sempre dire, con il suo tono sempre più da predicatore, che la gestione di Conte ha sinora avuto, anche ai miei occhi, un grande merito: risultati elettorali sempre più bassi e dubito che questo crollo possa cambiare. Il destino mi pare segnato e la scelta sempre più a sinistra di Conte, che fa ridere solo a pensarci, troverà sempre meno gonzi che ci cascheranno.

Resta la catastrofe del grillismo, che ha avuto un effetto nefasto sulle Istituzioni, svilite dal comico genovese, che come il Pifferaio Magico era riuscito a trascinare dietro di sé folle plaudenti nel segno straccione dell’antipolitica con una visione a tratti delirante. Cui ha corrisposto una classe politica da operetta, che ha moltiplicato i danni per l’incapacità e in molti casi l’ignoranza, assurta a elementi vivificatore contro la politica di professione e i suoi privilegi.

Gli esiti sconcertanti si sono visti e la normalizzazione in corso è spinta da chi, ottenuto uno scranno, ora cambia cavallo per restare in sella e pugnala alla schiena Grillo, rimasto con un pugno di mosche.

E direi che gli sta bene. Un destino beffardo, che si è costruito da solo, ha trasformato nel tempo il comico simpatico della mia giovinezza in una sorta di missionario qualunquista che aizzava le folle con discorsi strampalati, che in troppi hanno considerato come un progetto politico.

Dimostrazione che l’Italia è una democrazia incompiuta e gli italiani sono sempre pronti a farsi abbacinare e a salire sul carro del vincitore, per poi cambiare idea e gettarlo nella polvere.