Ogni Regione italiana ha le sue caratteristiche e proprie storie di appartenenza politica, visibili dagli esiti elettorali.
Nel caso delle Speciali è storia di elezioni dal dopoguerra ad oggi, con la sola eccezione del Friuli-Venezia Giulia dove si votò per la prima volta nel 1964, mentre per le Regioni ordinarie le prime elezioni avvennero nel 1970. Certo la fedeltà del passato a certi partiti politici è stata nel tempo colpita da scelte dell’elettorato assai mutevoli in tutte le elezioni.
Tuttavia, in questa tornata elettorale l’Emilia-Romagna ha confermato il centrosinistra con Michele de Pascale e l’Umbria è stata strappata con grande distanza di voti al centrodestra da Stefania Proietti, che ho conosciuto come Sindaca di Assisi e apprezzato per simpatia e vitalità.
Ha sintetizzato su Huffpost Alessandro De Angelis: “Commetterebbe un errrore Meloni se sottovalutasse la sconfitta, figlia di un grande vuoto, quello della sua classe dirigente. Ma commetterebbe un analogo errore Schlein se considerasse la vittoria prodromica di una spallata nazionale, le Politiche sono un'altra cosa”.
Aggiungerei come ulteriore elemento la scomparsa in atto dei pentastellati.
Ma il dato più clamoroso - vera via crucis per la democrazia - è il calo costante e ormai clamoroso della partecipazione al voto. L’astensionismo dilaga!
L’affluenza in Emilia-Romagna è stata del 46,42%. Nella scorsa tornata elettorale, nel 2020, l'affluenza totale alle urne era stata del 67,67%.Piacenza 62,91%, Parma 64,07%, Reggio Emilia 67,97%, Modena 69,12%, Bologna 70,94%, Ferrara 65,60%, Ravenna 69,71%, Forlì-Cesena 67,54%, Rimini 63,54%).
In Umbria affluenza al 52,3%. Un dato molto più basso della precedente consultazione quando fu del 64,69%. L'astensionismo è sempre più considerato come la normalità, venendo meno quell'aurea di severità del dopoguerra con uno Stato etico verso chi non esercitava un proprio dovere, mentre oggi si propende per l'estensione della componente del diritto e dunque di una libertà senza sanzioni nelle decisioni rispetto al diritto di suffragio.
Infatti, per capirci, in concomitanza con l'accresciuta protezione della privacy, non è neppure più consentito accedere alle liste di chi non vota e i rappresentanti di lista devono guardarsi bene da stilare delle liste, visto che è severamente vietato farlo.
Ricordo, dagli studi universitari, come sia stato ben diverso l'approccio nel Regno Unito, quando i laburisti per uscire dallo strapotere conservatore del thatcherismo fecero un lavoro capillare nei collegi uninominali sui non votanti per capire le ragioni dell'abbandono delle votazioni e risalirono la china, acquisendo una parte degli elettori disamorati. Questo non è fattibile da noi proprio per le norme di tutela, ma vale semmai il problema di una presa di coscienza per il nostro sistema politico dei perché del progressivo allontanamento dalle urne (astensione vuol dire proprio "tenersi lontano").
Comunque la si veda, ma ripeto che ci vorrebbe un approfondimento serio, quella che perde colpi è la democrazia con il suo meccanismo partecipativo per eccellenza: il voto. E la sensazione crescente che il voto, alla fine, conti poco, perché poi nel nome delle emergenze si trova sempre una logica consociativa, che rende la politica un territorio grigio. Mentre c'è bisogno di chiarezza e di capire che cosa si sceglie, altrimenti il senso di tradimento per l'elettore si sfoga alla fine anche nella vendetta del "non voto". Così come la scelta di meccanismi elettorali, a favore più dei partiti che dei cittadini (compresa, a mio avviso, l'elezione diretta dei presidenti di Regione), creano alla fine quelle disillusioni che tengono i cittadini a casa il giorno delle votazioni.
Esiste, naturalmente, una responsabilità da parte dell'elettorato: quando nacque l'idea del suffragio universale si era convinti che questa conquista democratica sarebbe stata vissuta da ogni singolo elettore come un obbligo di interessarsi alla "cosa pubblica" e di essere debitamente informato.
Oggi esiste una inquietante fascia di "analfabetismo istituzionale" che inquieta e non è colpa solo dei politici se questo avviene. Anche questo lento degradare dei meccanismi democratici deve preoccupare, perché se la democrazia declina crescono al contrario le autocrazie.