Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
17 nov 2024

Croce e delizia del telefonino

di Luciano Caveri

L’invadenza delle tecnologie presenti sul mio telefonino sono croce e delizia e gli esami di coscienza sul punto sono utili, ma temo mai risolutivi. Anche alla fine di questo mio articoletto, so già che sarò capace a fornirmi una bonaria autoassoluzione.

Delizia - dicevo - per la semplice ragione che mai avrei pensato nella mia giovinezza che ci sarebbero stati passi da gigante come quelli attuali.

Se ci fermiamo a pensare, sarebbe del tutto legittimo provare un turbamento per cambi continui di velocità delle innovazioni e tocca inseguire ogni novità per non perdersi per strada. Più si avanza con l’età e più bisogna stringere i denti.

Ho visto arrivare - anche se questo pensiero mi invecchia - la televisione in salotto e a pochi passi il telefono. Certo erano strumenti arcaici rispetto a quelli di oggi, ma precursori di cambiamenti accelerati e preziosi. Non appartengo alla categoria inutile di chi loda il passato, ma criticare il presente nei suoi eccessi e guardare con preoccupazione aspetti inquietanti del futuro è un buon esercizio.

Il rovescio della medaglia dei cambiamenti ce l’abbiamo in tasca e le straordinarie utilità con varietà di App risolutrici di problemi hanno come contraltare la dipendenza in forma talvolta di schiavitù.

Se analizzo la mia giornata - e chi mi legge conosce la sua - il piccolo schermo del mio telefonino è depositario di una larga parte della mia vita.

La telefonia e la messaggistica non mollano mai e la posta elettronica deborda. Leggo i giornali senza confini, idem le radio e se voglio guardo la tv o un film. Controllo la mia attività fisica, guardo le previsioni del tempo, controllo le mie spese e organizzo i miei spostamenti.

Solo la notte interrompe un flusso continuo, ma il telefonino dorme solo apparentemente a un passo da me e se non lo silenzio trilla e mi avvisa che qualcuno, a dispetto dell’ora, scrive. Perché non esiste un reale galateo e su Whatsapp, grazie alla catena di Sant’Antonio che diffonde con facilità i numeri di telefono tuoi e altrui, spunta la qualunque.

E le fotografie? Se penso alla fatica di imparare i rudimenti delle vecchie macchine fotografiche con cose come i tempi di esposizione non si può non trasalire. Oggi estrai il telefonino come una spada e fotografi. Guardo con ammirazione chi fotografa tutto e mi domando come questa quantità incredibili di immagini verrà poi utilizzata. In gran parte finirà nel nulla, anche se il mio IPhone mi ha già chiesto chi potrebbe essere l’erede destinato a occuparsi del dopo di me. Roba da scongiuri e immagino ci sia alla bisogna una app per farlo. Ci scherzo ma cresce la necessità non solo soggettiva di regolare i propri eccessi, ma di avere maggiori tutele - che pian piano appaiono ad esempio nei contratti di lavoro - a favore di quel diritto alla disconnessione che è necessario per evitare che la propria vita, socialità dal vivo compresa, venga rosicchiata sempre più.

Troppe nuove solitudini, vite digitali di cartapesta sui Social, sindromi varie da tossici e altro ancora minaccia la normalità dei rapporti sociali e della nostra esistenza stessa.

Ci mettiamo al capezzale dei nostri figli più piccoli e con cipiglio moralistico spieghiamo a loro il male della ipertecnologia e ci sentiamo in cuor nostro abbastanza ipocriti e più crescono- specie nelle asprezze adolescenziali - e più i nostri ragazzi ci guardano come siamo: patetici a far loro la morale con il nostro telefonino in mano che ci chiama.