Torni indietro nel tempo e pensi a come cose banali siano cambiate e sia necessario farsene una ragione. In alta montagna arriva la prima neve e così con la memoria si torna al passato.
Una volta la neve era in Valle d’Aosta l’assoluta normalità. Lo si sapeva che sarebbe arrivata e l’attesa c’era sempre ma non era una scommessa.
Ormai - chissà come la mettono i negazionisti del cambiamento climatico - l’autunno e poi l’inverno sono una trepidante attesa e le previsioni del tempo di lunga gittata una specie di illusione presa ormai con scetticismo. Leggevo, giorni fa, che sarà una stagione nevosa e lo riporto per dovere di cronaca e sarebbe un bene.
Tuttavia, già in altri anni sia le osservazioni popolari (piante, marmotte e altri indicatori del tempo che fu) che gli esperti del meteo non sempre ci hanno preso.
Eppure io me le ricordo certe grandi nevicate a basse quote, che investivano non solo le vette, ma anche il fondovalle dove vivevo e dunque persino a quote ormai impossibili si prendevano gli sci e via!
La neve - maledizione del passato, benedizione per il turismo - è diventata un volano per l’economia alpina. Non a caso si sono sviluppate le stazioni sciistiche e si è scelta la strada degli innevamenti artificiali per mantenere vivo il settore in anni grami.
Seguo sempre certe polemiche contro lo sci e anche quanto sta avvenendo in Paesi come la Francia, dove si stanno trovando soluzioni per le stazioni situate troppo in basso. In effetti, in anni grami per le precipitazioni naturali, la neve artificiale, laddove le temperature sono troppo alte, non la si può produrre e non sempre, in certe zone, vi sono sufficienti riserve d’acqua. E la maledizione sono le piogge che sciolgono i mangi nevosi creati artificialmente.
E se questo bisogna salire più in alto per avere condizioni che consentano lo sci. Ma esiste un mondo ambientalista che si oppone a questo, come a molto altro con una visione che lascia perplessi. Si predica, infatti, senza mai declinarlo con evidenze e certezze, un turismo alternativo, che spazzi via lo sci e lo sostituisca con quello che viene chiamato - e fa già ridere la definizione “turismo dolce”. Una specie di sogno bucolico che non si capisce bene e si contrappone - scusata la battutaccia - a chissà quale “turismo salato o amaro”…
Per altro, anche in un territorio come la Valle d’Aosta, ci sono vallate e ampie zone prive di impianti di risalita e non mi risulta che siano nati chissà quali meravigliosi modelli alternativi e lo si vede dai tristi dati di spopolamento di popolazioni e imprese commerciali. Ma, si sa, che le utopie ideologiche conquistano e aggregano.
Intendiamoci: è indubbio che laddove non ci sono le condizioni per lo sci che in passato c’era bisogna trovare nuove formule e per questo sulle Alpi esistono riflessioni profonde non basate su proteste folkloristiche e logiche luddiste di distruzione di modelli economici che ancora funzionano.
La transizione in mano a gruppuscoli con santoni che usano logiche da paure millenaristiche lasciano il tempo che trovano. Una sorta di pauperismo monacale neo modelli di vita, di idea di una presenza umana che stupra la Natura con la sua sola presenza, la modernità come male assoluto: sono posizioni che sfiorano la paranoia. E la mobilitazione politica diventa una logica antisistema alimentata da una certa sinistra alla conquista di nuovi spazi con un ambientalismo ossessivo che crea ansie e soprattutto non propone soluzioni concrete.
Significative certe processioni in luoghi da "salvare” dalla presenza umana con logiche di deificazione della Natura da New Age.