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04 ott 2024

Il compromesso non è parolaccia

di Luciano Caveri

“Non mi occupo di politica”, è come dire “non mi occupo della vita”. (Jules Renard)

Più si avvicinano le elezioni e più il dibattito politico, anche nella piccola Valle d’Aosta, rischia di essere falsato dall’approssimarsi delle urne e dall’afflato di rivolgersi ai cittadini solo sotto la loro veste di elettori.

Si aggiunge la presenza delle extrêmes, cioè le forze politiche che scelgono la strada dura e pura di una destra-sinistra agli opposti che finiscono per assomigliarsi. Certi loro slogan per scaldare i loro militanti ruotano attorno all’assunto: ”Noi con loro mai" e bisogna prendere atto di questi atteggiamenti di volontaria chiusura e isolamento.

Ma questa non è la politica ed è in fondo esempio preclaro di antipolitica con diverse coloriture che

sia sovranismo, demagogia, antiparlamentarismo. Mi piace molto nel cercare, comunque sia, un fil rouge nella politica la scelta del nuovo Primo Ministro, Michel Barnier - avendo già scritto del suo appello all’umiltà ai membri del suo Governo - nel suo intervento all’Assemblée Nationale ha esaltato la logica ”du dialogue et de la culture du compromis un principe de gouvernement”.

Spiega bene Le Monde: ”En outre, Michel Barnier a évoqué Michel Rocard, qui a occupé Matignon du 10 mai 1988 au 15 mai 1991, sous la présidence de François Mitterrand. À l’instar du nouveau premier ministre, Michel Rocard érigeait la «culture du compromis» comme un pilier de sa politique. Mais en reprenant les noms et les mots de deux figures tutélaires de la « deuxième gauche », il est à peu près sûr qu'il n'a pas trouvé les mots pour toucher au cœur une alliance emmenée par LFI. «Le mot de compromis n’est pas un gros mot. On ne se compromet pas quand on fait un compromis» ”.

Concordo che questa sia una linea che sostanzia la democrazia e bisogna tenerne conto a fronte di una crisi dei partiti, che in Italia continuano ad avere logiche personalistiche, che ruotano attorno ad un leader. Fenomeno da sempre poresente, ma la crisi di partecipazione nei partiti e il processo di esaltazione di uomini e donne al comando, con scarsa se non nulla collegialità da parte loro, portano a uccidere il dialogo e compromesso già dentro le forze politiche, immaginarsi fra forze politiche!

Ha scritto Thierry Pech: ”La démocratie est un régime de gouvernement collectif : il faut passer des accords, trouver des consensus, des compromis”.

Questo vale a maggior ragione per i compiti che dovrebbero avere i Parlamenti, che hanno ormai un crescente ruolo marginale e l’Italia è un caso di scuola su cui non mi soffermo proprio perché tutti gli elementi di questo indebolimento sono palesi. Per mia formazione politica ritengo grave e svilente della democrazia quanto sta avvenendo e corrisponde forse ad una più generale incapacità, pure nella vita quotidiana, di trovare elementi di confronto che cerchi punti di equilibrio e di mediazione

Lo stesso Barnier ha avuto il coraggio di parlare di questo disagio, che è diventato una realtà papabile, che inerisce la “santé mentale”, espressione certo assai drammatica, ma esiste un comportamento sociale così diffuso da rendere questa questione della capacità di compromesso come qualcosa di non solo applicabile alla politica.