Mi ha fatto sorridere, l’altro giorno, mio figlio Alexis, fermato in una piazza di Aosta, mentre aspettava un amico, da una tizia che gli ha mostrato il cielo e gli ha spiegato dettagliatamente il perché esistano nel cielo le scie chimiche. Lui era preparato, malgrado la giovane età, e ha ascoltato paziente la lezione bislacca.
Per i pochi che non lo sapessero da molti anni ormai ci sono persone determinate a diffondere l'assurda idea che le scie di condensa che vediamo a volte lasciate dagli aeroplani che passano nel cielo, e che durano nel tempo, siano in realtà fumigazioni di prodotti chimici dannosi per la salute delle persone e rilasciate nel cielo coscientemente da chi ci vuole uccidere. Chi ci crede diventa, in una logica settaria, portatore del Verbo. Basta un giretto sul Web per trovare materiale di chi cavalca questa teoria bislacca in un infinita catena di Sant’Antonio che arriva a vette da TSO.
Eppure bisogna convivere con gente così - complottisti, cospirazionisti, negazionisti - che passano il loro tempo aggregandosi in gruppi organizzati, e ce ne sono ovunque e sono minoranze chiassose e irrispettose verso chi reagisce a certe bizzarrie illogiche e antiscientifiche.
Non segnalo quelli a me più vicini, perché sono reattivi e rompiscatole e in passato, ad esempio sulla questione dei vaccini, diventai vittima di mailbombing e cioè di i un “attacco” informatico che consiste - questa la definizione esatta - nell'invio di una quantità di messaggi numericamente rilevante, verso una stessa casella di posta elettronica con messaggi uguali e ripetitivi. Una forma di violenza digitale, che riflette la protervia di chi si infervora su temi i più strambi con l’aggravante che il vero militante invasato non si limita ad argomenti singoli ma finisce per inanellare teorie complottiste nel loro insieme.
Ha scritto Michele Serra: “Non saprei dire quando sia cominciata esattamente, qui dalle nostre parti, questa faccenda dell'"a me non me la danno mica a bere". Forse covava già sottotraccia, come un batterio dormiente, incistato nei soggetti più sospettosi, più suscettibili, che poi si è insinuato in tutti gli altri. Sta di fatto che di colpo, come per un contagio improvviso, quasi tutti hanno cominciato a sentirsi uno al quale non la si dà mica a bere; e a scoprire verità occulte e trame sordide, qualcosa che qualcun altro aveva fin lì tenuto nascosto all'evidenza per trarne lucro o potere”. Tutto ciò è reso inquietante dall’anarchia del Web - nel nome della libertà d’opinione - che può diventare insomma uno strumento di disinformazione potente a vantaggio di vere e proprie manipolazione della realtà.
Per cui si trovano delle perle piccole e grandi dei complottisti. Si va dal piccolo al grande. C’è chi, nel piccolo, nega che l’uomo sia andato sulla luna, perché il famoso allunaggio venne creato su un set cinematografico. Nel grande c’è sostiene che il cambiamento climatico sia una vera e propria invenzione. Nel piccolo c’è chi sostiene che Re Carlo Inghilterra sia un vampiro, nel grande le diverse ricostruzioni a fondamento dell’antisemitismo partendo dai falsi Protocolli di Sion.
Nel piccolo ci sta il cappello di carta stagnola contro i campi elettromagnetici su cui si sono costruite un sacco di balle, nel grande tutti i danni fatti con vere e proprie stragi da diverse sette nel segnalare date sulla fine del mondo.
Ha scritto l’epistemologo Gilberto Corbellini: “Le persone e le comunità elaborano teorie cospirative, le quali ipotizzano di regola delle conoscenze che ci sono state tenute nascoste da agenzie legate al potere o con interessi, per compensare la mancanza di informazioni e avere la sensazione di sapere che cosa è davvero accaduto o sta accadendo. Quindi lo fanno per dare un senso alla situazione e sentirsi in una condizione migliore di altri, in quanto si è in possesso di un sapere tenuto nascosto. Le teorie del complotto servono a non nche a creare aggregazione, dunque a combattere la solitudine, per cui chi ci crede si coalizza contro chi accetta la versione regolare (noi contro loro). Il complottismo è un ritorno al tribalismo”. Di certe tribù sarebbe bene poter fare a meno.