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22 ago 2024

Un anniversario da non banalizzare

di Luciano Caveri

Non mi sono occupato delle celebrazioni ormai avviate per l’Ottantesimo anniversario dell’Autonomia valdostana. Esiste allo scopo un apposito Comitato, che si occupa di lavorare per ricordare le tappe che hanno portato a quel passaggio storico, che stiamo ancora vivendo, quello di una Valle d’Aosta Regione autonoma nel quadro della Repubblica italiana. Di certo la presenza a breve di una personalità come il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella,

costituzionalista di esperienza e conoscitore delle Speciali, che ha accettato di venire in Valle con lo scopo precipuo di compartecipare a questo percorso di riflessione (essendo lui stesso che sceglie le mete dei suoi spostamenti), darà un respiro ai pensieri su questa nostra esperienza politica. È un bene che ciò avvenga perché ci si abitua a tutto e ogni cosa acquisita viene data per scontata, mentre basta anche un passaggio superficiale sulla storia della Valle d’Aosta per vedere come l’aspirazione all’autogoverno abbia subito alti e bassi, seguendo le evoluzioni avvenute e ogni epoca ha la sua specificità.

Esiste anche chi ritiene che anche attraverso l’uso di un fil rouge quantomeno millenario l’espressione attuale dell’autonomismo sia una costruzione artificiale, come se fosse una cosa diversa per l’Italia intera o per l’Unione europea. Ogni Nazione o aggregazione politica è fatta di simboli, di miti, di costruzioni più o meno retoriche, ma questo avviene su aspirazioni, idee e sentimenti che difficilmente posso essere negati.

Per cui chi non coglie l’occasione che abbiamo di pensare a noi stessi, a chi siamo e chi siamo stati, allora non capisce il senso profondo con cui dobbiamo ripercorrere il bene e il male di questi ottant’anni di vita dell’attuale creatura istituzionale e con essa prendere atto delle profonde trasformazioni avvenute e dello stato di salute di quegli elementi di varia natura che naturalmente cambiano con il passare degli anni.

Per un colpa collettiva mi chiedo ogni tanto perché e quanto sia mancata la capacità di comunicare ai giovani elementari cognizioni storiche non solo sulla Autonomia e le sue radici lontane, ma soprattutto se questa fiamma che portò all’attuale ordinamento valdostano saprà essere mantenuta viva. Ho sempre cercato nel mio lavoro politico di segnalare come capire la civilisation Valdôtaine non sia un condizionamento politico di chissà quale regime o congrega. Nel mondo della scuola questa vulgata esiste già dai tempi in cui ero studente: per alcuni insegnare gli elementi che giustificano l’esistenza di un’autonomia speciale è stata considerata, con evidenti lenti ideologiche, solo uno strumento di propaganda del potere costituito. E certi cattivi maestri ci sono ancora, purtroppo. Invece, la mia esperienza acquisita nel guardare altri popoli e altre comunità mi conferma come sia una scelta dovuta e coraggiosa affermare gli elementi identitari senza manie di grandezza. Elementi che non possono essere vittima di chissà quale fissità o considerati un tabù indiscutibile, ma neppure si deve pensare che una naturale trasmissione di informazioni e competenze sia un elemento inutile e ci si debba lasciare andare verso una comunità ignara di sé stessa e delle ragioni profonde dell’Autonomia speciale.

Per questo l’Ottantesimo non dovrà essere, dal dipanarsi dagli elementi che dall’Unità d’Italia attraverso il Fascismo e chi lo contrastò da subito e poi con la Resistenza sino alla Liberazione con il Decreto luogotenenziale e lo Statuto Speciale, un semplice esercizio di evocazione legittima di passaggi fondamentali, perché ci vuole qualcosa di più. Ci vorrebbe, accanto a momenti ufficiali doverosi, una discussione seria e partecipata - anche con l’occasione delle elezioni regionali del 2025 - su chi siamo e dove vogliamo andare.

Perché - attenzione! - va benissimo che la Valle d’Aosta si unisca nei momenti celebrativi e questo avvenga in modo corale, ma non si può neppure far finta che tutti la pensino nello stesso modo (e questo è segno di una democrazia matura!) e soprattutto che non ci siano, dentro e fuori, nemici evidenti dell’Autonomia. Quelli che fanno la faccia bella e si fingono fieri sostenitori della nostra Autonomia per calcoli elettorali per poi comportarsi ben diversamente nella concretezza dei temi da affrontare e da risolvere per dare un nuovo respiro all’Autonomia, ad esempio con uno Statuto non octroyé ma basata su un’intesa e aggiornato ai tempi e alle nuove e legittime ambizioni di chi chiede nuovi poteri e competenze per l’autogoverno della Valle.

Insomma, un’occasione da non perdere e da non banalizzare per guardare avanti.