La fantascienza mi ha sempre appassionato e la mia generazione è stata a cavallo fra la narrativa e i suoi grandi autori e la cinematografia, le serie televisive e anche il fumetto.
Sono stato appassionato da ragazzino a tutte le ricerche e alla vasta pubblicistica che riguardava gli UFO. Sigla che sta per unidentified flying object, che indica oggetti volanti, veri o presunti tali, di natura non precisabile, rilevati visivamente (la maggior parte) o strumentalmente (mediante radar).
A conti fatti - e malgrado tante storie raccontate e fantasie di ogni genere - quelli che ingenuamente chiamavano tanti anni fa marziani e ora alieni non si sono mai visti davvero. E la collezione di film di genere catastrofista, quasi sempre però con lieto fine, sembrano ammonirci che sia comunque meglio star così e farci i fatti nostri.
Una bella inchiesta del numero di Obs in edicola registra, invece, una corsa dell’astrofisica nel sondare quanto ci sta attorno, con tecnologie sempre più sofisticate e a largo raggio, per vedere se c’è altra vita nel cosmo. Nell’editoriale di presentazione, che riprende i progressi nelle ricerche per ora infruttuose, Cécile Prieur usa delle parole che mi piacciono molto e che condivido.
Prima osservazione: ”Nous savons désormais qu'il y a des milliards de planètes identiques à la Terre, qui pourraient abriter des formes de vie semblables à la nôtre. Sans compter que d'autres formes de vie ont pu se développer dans des conditions radicalement différentes. C'est en tout cas la conviction de plus en plus de scientifiques, qui comprennent, éberlués, et nous avec eux, que d'autres mondes sont possibles et que la vie y est probable. L'humanité, qui s'est longtemps crue seule dans l'Univers, a toujours cherché dans les cieux les réponses à ses questions existen-tielles. La preuve d'une autre forme de vie, l'un de nos plus grands fantasmes comme l'une de nos plus grandes craintes, serait un bouleversement ontologique absolu. C'est en tout cas plus que jamais le Graal de l'humanité : d'ici à 2040, la Nasa va lancer une mission pour découvrir les autres mondes habi-tables. L'Europe, de son côté, mettra en fonction, en 2030, le plus grand télescope terrestre, capable de détecter des signaux de vie extraterrestre”.
Se ci si riuscirà potrebbe essere qualcosa di straordinariamente bello o di tragicamente negativo, a seconda di chi saranno i nostri eventuali interlocutori extraterrestri e quale sarà il loro comportamento nei nostri confronti e questo vale naturalmente anche al contrario.
Il finale dell’editoriale è altrettanto interessante: Que nous apprennent ces avancées majeures ? Que disent-elles de nous, et à quoi nous ren-voient-elles, alors que notre planète subit un réchauffement sans précédent et que les nationalismes, les égoïsmes et la violence continuent de faire des ravages dans le monde? D'abord la confirmation que nous ne sommes pas grand-chose, quasiment rien à l'échelle de l'Univers. Surtout, que l'infini du cosmos devrait nous inviter à l'humilité, à la conscience de la chance de notre vie terrestre et à la volonté partagée de la préservation de notre planète comme de notre espèce. Penser l'immensité, c'est ainsi revenir à notre propre finitude, et donc à l'évidence de l'essentiel : tâcher, en simples poussières d'étoiles que nous sommes, de nous entendre et de nous élever, pour le bien commun de l'humanité”.
Certo molto della questione riguarda la nostra e la loro capacità tecnologica di affrontare distanze abissali che consentano il famoso incontro. Ricordo a questo proposito cosa scriveva l’astrofisica Margherita Hack: “È assurdo pensare che non ci siano altre forme di vita all’interno della Galassia. O si è credenti e si ritiene che la Terra sia stata creata apposta per l’essere umano, oppure si è atei e ci si affida alla ragione e al calcolo delle probabilità. Perché la Terra dovrebbe ospitare l’unica forma di vita intelligente? Presumibilmente esistono altri esseri anche all’interno della nostra galassia, magari civiltà più evolute o che ci hanno preceduti. Le distanze – con gli extraterrestri – sono però talmente enormi che è praticamente impossibile che avvenga un contatto. Bisognerebbe superare la velocità della luce”.