Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
09 lug 2024

Le nostre musiche

di Luciano Caveri

Cone è la generazione delle foglie, così è anche quella degli uomini. Le foglie, alcune il vento ne versa a terra, altre il bosco in rigoglio ne genera, quando giunge la stagione della primavera: così una generazione di uomini nasce, un’altra s’estingue. (Omero, Iliade)

È faticoso non perdere il treno della contemporaneità. Siamo tutti naturalmente legati, invecchiando, a quanto abbiamo accumulato nel nostro passato. Una specie di zaino di tante cose che portiamo sulla schiena e che ci rassicurano rispetto all’irrompere delle novità.

E abbiamo visto coi nonni e coi nostri genitori come esista il rischio, ad un certo punto e prima o poi, secondo i caratteri e le circostanze, di come si possa recidere i legami con il mondo che avanza.

Bisogna, nel limite della ragionevolezza e purtroppo del proprio intelletto, restare attenti ai cambiamenti e cercare di informarsi.

Ci pensavo rispetto a Spotify e all’irruzione di un materiale musicale immenso e spalmato sulle esperienze del passato di tutti i generi con il rischio di restare ancorati li e non seguire più quel che avviene ed é appunto come perdere il treno e restare fermo in stazione.

Ci pensavo rispetto ad uno sforzo che sto facendo. Appurato che - come capitava a me da adolescente - critico la musica che mio figlio quasi quattordicenne ascolta mi sono detto che valeva la pena di provare a capire senza pregiudizi o passatismi. Per cui mi sono fatto trasferire con quel pozzo di musica che ho già citato delle compilation delle sue canzoni per capire meglio il perché e poter esprimere un giudizio compiuto e non frutto emotivo delle mie abitudini.

Devo dire con onestà che ho trovato molte cose che non mi piacciono e che non saranno memorabili, ma anche interpreti e brani che non vanno presi sottogamba e rifiutati per partito preso. Esprimono le sensibilità dei ragazzi di oggi, i loro sentimenti e il loro modo di essere, come mi sforzo di fare anche con i vestiti del fu piccolo Alexis, visto che è ormai più alto di me e smargiasso come ero io alla sua età per cercare la sua strada e non quella mia.

Per cui, specie nei trasferimenti in macchina, mi sottopongo a questo esercizio di trovare fra noi un fil rouge che mi serva per capire e che eviti i fossati che pure in parte resteranno, com’è naturale che sia per chi deve vivere le sue esperienze. Come mi piacerebbe, però, che potesse avvenire anche l’inverso. Sempre grazie a Spotify ogni tanto affondo nei ricordi di canzoni come quelle di Paolo Conte, Giorgio Gaber, Cochi e Renato, Bruno Lauzi e mi piacerebbe che anche Alexis conoscesse canzoni di grande profondità e potrei citare tanti altri cantanti e autori.

Ci pensavo riascoltando “Quelli che…” di Enzo Jannacci, grande e acuto innovatore senza tempo. Va ascoltata ma anche letta nella sua logica lunare e anche assai concreta:

Quelli che cantano dentro nei dischi Perché c'hanno i figli da mantenere, oh yeah

Quelli che da vent'anni fanno un lavoro d'equipe Convinti di essere stati assunti da un'altra ditta, oh yeah

Quelli... quelli che non si sono mai occupati di politica Perché dicono che la politica l'è una roba sporca, oh yeah

Quelli che votano scheda bianca per non sporcare, oh yeah

Quelli che Mussolini è dentro di noi (ma va a cagare) Quelli che vorrebbero arruolarsi nelle SS Ma non c'hanno il fisico, e non possono darci la divisa E allora fanno le scuole di sopravvivenza E muoiono tutti Purtroppo quasi tutti

Quelli che hanno il padre che fa il prete Quelli che credono che Gesù Bambino sia Babbo Natale da giovane

Quelli che siamo tutti nella merda fin qui, le tasse, la salute, i tickets

Quelli che i malati bisognerebbe ammazzarli tutti, insomma E andare a posto un minimo Quelli che il nuovo policlinico è una visione del cielo

Quelli che hanno 150 ergastoli tutti giovani pronti e forti Tutti assolti Quelli che la mafia non ci risulta

Quelli che fanno l'amore in piedi convinti di essere in un pied-à-terre

Quelli, quelli che: "l'ha detto il telegiornale" L'ha detto il telegiornale, l'ha detto il telegiornale Han detto che piove... (l'ha detto il telegiornale) Va beh ma ho sen... (l'ha detto il telegiornale)

Quelli che il primo furto non si scorda mai

Quelli che, quelli che si ricordano

Quelli che hanno cominciato a lavorare da piccoli Non hanno ancora finito adesso E non sanno ancora che cazzo stanno facendo, oh yeah

Oh yeah, oh yeah Oh yeah Oh yeah