Dopo quanto avvenuto in Sardegna, tocca ora commentare i risultati elettorali delle elezioni regionali in Abruzzo. Al termine di una campagna elettorale che ha acceso le luci, persino più di quanto fosse logico, su questa Regione, siamo ora agli esiti e cerco di dire qualcosa a caldo con beneficio di inventario.
Marco Marsilio, candidato de centro destra ed intimo di Giorgia Meloni, si riconferma presidente della Regione in Abruzzo con Fratelli d’Italia primo partito con nettezza, mentre Forza Italia “tiene” e la Lega prende una legnata storica con un tracollo di voti. Sconfitta per il cosiddetto “campo largo” con l’alleanza del centrosinistra attorno all’asse PD-Cinque Stelle con un risultato accettabile del PD e pentastellati ormai ininfluenti. Meloni di fatto si rafforza e i suoi alleati sono ormai succubi, Conte vivrà ora il contrappasso di un isolamento politico, mentre Salvini rischia la sua leadership e la Schlein dovrà sperare in un buon esito delle Europee.
L’Abruzzo ha più o meno tre volte il territorio valdostano e dieci volte in più come popolazione. Inutile dire che esiste nella zona appenninica qualche analogia come zone di montagna, anche se da loro il tasso di spopolamento di quelle aree è ben più elevato e Parchi e riserve naturali danno il senso di una Natura ormai con poca presenza umana e questo non è per nulla un bene.
In attesa delle elezioni europee, le forze politiche e i commentatori si sono concentrati su due competizioni regionali e sarà così per molte ore sull’Abruzzo. Non che d’improvviso sia fiorito un chissà quale reale interesse sul regionalismo e la fiammata sull’autonomia differenziata non cambia il dato di uno statalismo e di un centralismo inquietanti. La verità è che vale come test per le nazionali e, con tutti i distinguo che fanno i perdenti (sempre che ammettano di aver perso..) sulla difficoltà di tenere buone le regionali rispetto ad altre elezioni, almeno i vincitori indicano con nettezza un parallelo fra regionali e elezioni generali. Vale o non vale? Non credo fino in fondo. Ogni elezione ha una storia a sé. Forse le uniche affinità sono l’astensionismo, dato forte anche in Abruzzo con l’assenza al voto più alta di sempre, e anche un eccesso di presenzialismo di leader nazionali che da domani scorderanno Abruzzo e abruzzesi. Pensiamo al post terremoto e alle molte promesse rimaste in buona parte…promesse, che non hanno pesato su Meloni e il suo amico Presidente.
Sulla montagna e i sui suoi problemi dovremmo essere grandi alleati, ma non sempre ciò davvero capita per il rischio di guardare da parte di molti di loro più alle città e alle coste. La ricordava questa centralità della montagna, in termini romantici e in modo efficace, lo scrittore Giorgio Manganelli: ”L’Abruzzo ha al suo centro non una città, ma una montagna, una grande, bellissima, terribile montagna, il Gran Sasso. Non badate ai metri dell’altezza; il Gran Sasso è di schiatta araldica, montagna di gran razza, di quelle che collochiamo con gli dei”.
P.S.: Aggiungo un tema a margine. Anche questa volta è stata buttata a mare la previsione di silenzio elettorale, che dovrebbe scattare dal venerdì alle 24 e lo hanno fatto gli uni e gli altri. O si toglie il divieto oppure sarebbe bene prendere sul serio un obbligo. Già con i Social è difficile tenere chiuse le stalle, ma se lo si fa in maniera assai smaccata, allora bisogna riflettere su misure serie. Altrimenti siamo il Paese dei Balocchi.