Sono stato zitto per parecchio tempo e sono stato seduto in fondo alla classe, come avveniva talvolta a scuola, non facendo più valere una mia moral suasion, che penso legittimamente mi apparterrebbe per una certa esperienza accumulata, che spero faccia ancora punteggio in politica.
Già mi ero comportato bene il 18 maggio del 2023, quando - per non essere invasivo in occasione della grande riunione pubblica per la reunion delle forze autonomiste, che diede il la al processo - parlai pochissimi minuti. Tanti interventi si erano succeduti e il discorsone che mi ero preparato, pieno di buone intenzioni e con la passione necessaria nelle grandi occasioni, lo lasciai da parte, perché già in tanti - senza dichiarazioni dissonanti, purtroppo poi esplicitate da alcuni con un brutto stillicidio nei mesi, dopo e perlopiù en cachette - avevano espresso cose belle e sagge. Per cui mi sembrava giusto non aggiungere di più ad un equilibrio raggiunto che mi piaceva e mi sono contenuto con il discorso più breve della mia vita in un’assise politica. Lo feci apprezzando le circostanze, e lasciando le parole inespresse ad altre occasioni propizie.
Mi auguro che al risultato ci si arrivi tambour battant, anche se mantengo qualche inquietudine a fronte di qualche uccellaccio del malaugurio o di chi, peggio ancora, ritiene che la reunion potrebbe nuocergli in politica e fa di conseguenza ostruzionismo.
Ognuno certo legittimamente fa i suoi calcoli e sino all’ultimo mette delle zeppe. Di fronte a certi atteggiamenti c’è poco da fare, se non sperare nei molti e sono di certo la maggioranza degli autonomisti che, guardando allo scenario politico (penso al tracollo del Partito Sardo d’Azione in Sardegna o alla crisi in un Tirolo del Sud dove la SVP, che si è divisa prima delle elezioni, governa con numeri al lumicino), pensano che davvero il dado dev’essere tratto e bisogna correre in quest’ultimo chilometro senza voltarsi verso il passato, andando dritti verso il futuro.
Viviamo nella società dei se e dei ma, della fiducia che si incrina in fretta, di un arrivismo che soffoca la lealtà, del primeggiare senza avere il senso di squadra. Eppure bisogna mantenere i nervi saldi e volare sopra qualunque miseria, rispettando naturalmente chi è incerto e titubante, mostrando nei fatti che verranno che aveva torto.
Gramsci disse di aver ripreso da Romain Rolland il celebre motto "Pessimismo della ragione, ottimismo della volontà", che spero nel nostro caso, sgombrando le ultime nuvole, sia “Ottimismo della ragione e della volontà!”. Manca poco. Ci vuole determinazione. La storia autonomista contemporanea, che spicca il volo politicamente da 1945 in poi, forte delle sue radici profonde, è stata caratterizzata da “le discese ardite e di le risalite” come nei celebri versi di Mogol nell’impagabile canzone di Lucio Battisti “Io vorrei... Non Vorrei... Ma se vuoi”.
Il “se vuoi” è il carburante per non fermarsi e il banalissimo “l’unione fa la forza” esprime in breve la necessità. E per chi indugia nel pessimismo va a fagiolo il vecchio e scherzoso motto: ”Crepi l’astrologo!”.